Quella dei Nailed to Obscurity è una crescita lenta che sta portando la formazione tedesca al raggiungimento di buoni risultati col passare degli anni. Dopo aver pubblicato i primi due album tra 2007 e 2013 e aver plasmato una formazione stabile, che non vede cambiamenti da sette anni, i Nostri hanno pubblicato “King Delusion” nel 2017, un bel lavoro che gli ha permesso di farsi notare dalla Nuclear Blast Records, per la quale hanno firmato nel mese di aprile 2018. Passa qualche mese e Raimund Ennenga e soci tornano a farsi sentire, e proprio tramite l’etichetta appena citata pubblicano “Black Frost“, quarto capitolo della loro carriera.
Lo scenario nel quale si viene trasportati è particolare, mischia l’eleganza con l’angoscia, sfruttando molte influenze, infatti lo stile del quintetto si concentra principalmente su un Melodic Death Metal con netti rimandi Doom, ma vengono accolte anche delle aggiunte più vicine al Progressive. Così facendo, il risultato finale denota alcuni rimandi ad altre band, quali Katatonia e Swallow the Sun, e per questo motivo non possiamo definire il lavoro innovativo e singolare, ma allo stesso tempo si può sentire chiaramente come le capacità compositive non manchino. Già dalla title-track, posta in apertura, è evidente come il songwriting si concentri molto sulla varietà, e ciò che risalta subito è infatti il passaggio dal cantato in pulito a un growl possente e glaciale, ripreso più volte.
Le parti melodiche continuano a essere un elemento fondamentale per le canzoni dei tedeschi, così come nei lavori precedenti, e pezzi come “The Aberrant Host” e “Feardom” sono l’esempio di come siano aggiunte bene nel contesto, risultando però ripetitive alla lunga. “Cipher” fa storia a sé e si può classificare come uno dei brani meglio riusciti della produzione, non annoiando e sorprendendo per la fluidità con cui scorrono gli otto minuti che la rendono la composizione più lunga del disco, ma il suo è un effetto solo momentaneo: proseguendo, l’uniformità si fa sentire, e gli elementi che dovrebbero differenziare le varie tracce non riescono mai a farsi notare particolarmente, rendendo l’ascolto piacevole ma piuttosto scialbo.
Giunti alla loro quarta produzione, i Nailed to Obscurity hanno il merito di aver sempre pubblicato album che meritano giudizi positivi, ma allo stesso tempo non sono ancora riusciti a differenziarsi dai capostipiti del loro genere a causa della loro proposta, ancora anonima. “Black Frost” è ben riuscito e merita un ascolto, ma molto probabilmente non verrà ricordato a lungo e i suoi successori dovranno mostrare più personalità se vorranno puntare più in alto.