Con “Shadows Inside“, la band metalcore dell’Ohio Miss May I arriva al sesto album in studio in dieci anni di attività.
Con le prime note della prima traccia, che è anche la titletrack, ho pensato “finalmente un disco metalcore fatto bene“, con la memoria che vagava ad una decina di anni fa, periodo in cui ho conosciuto il genere. Questo disco dà una ventata di aria nuova nella scena, a mio parere un po’ troppo dominata dai cliché deathcore e hardcore. Siamo di fronte ad un lavoro che, seppur legato ad un genere ormai “classico”, riesce ad avere sonorità moderne ed appetibili per un pubblico eterogeneo, ma andiamo con ordine.
La titletrack, “Shadows Inside“, fa un po’ da sintesi di quello che sentiremo nel disco e di quelle che secondo me sono state le ispirazioni dei musicisti. I riff di chitarra sono veloci e violenti nelle strofe e ricordano molto lo stile dei tedeschi Heaven Shall Burn. Nei ritornelli le ritmiche sono più distese, dove gli scambi vocali tra scream e pulito ricordano molto gli As I Lay Dying. Non mancano i breakdown ad introdurre le parti solistiche, ovviamente, e qui possiamo sentire gli echi dei primi Bullet For My Valentine. Ci tengo a fare una precisazione: l’album non è un campionario di citazioni, ma un’ottima rielaborazione di stili ed attitudini.
In 35 minuti di musica i Miss May I sono riusciti a riassumere tutto quello che possono fare con un singolo genere. Abbiamo “My Destruction“, una power ballad molto emozionale (che mi ha ricordato gli Arch Enemy), seguita da “Swallow Your Teeth“, in cui il cantante Levi Benton da sfogo alla sua potenza vocale, e a chiudere le danze “My Sorrow“, un’altra ballad dal carattere puramente metalcore dove le armonizzazioni tra le chitarre e gli assoli si sprecano.
Tirando le somme, le 10 canzoni di “Shadows Inside” si esauriscono in fretta, ma (e qui un applauso alla band) i riff più epici, alcuni ritornelli e in generale i punti salienti dei brani rimangono in testa, cosa che da tempo non mi succedeva. Non è il disco dell’anno, ma complimenti ai Miss May I per aver dato un nuovo volto ad un genere che ormai consideravo morto.