I Metal Allegiance sono una band composta da vari musicisti della scena metal che era inizialmente nata come un progetto prettamente live. La formazione è composta da Mike Portnoy, Dave Ellefson, Mark Menghi, Alex Skolnick e una sfilza di cantanti che si alternano tra i vari pezzi. Dopo il primo disco, i Nostri tornano alla carica con questo “Volume II Power Drunk Majesty“, dove propongono una decina di brani ben strutturati e variegati che vanno ad adattarsi alle voci dei fari frontman. Il genere proposto dalla band è un heavy metal moderno con incursioni in territori thrash e sfumature (accennate) prog.
Il disco si apre con “The Accuser“, brano thrash dove dietro al microfono troviamo Trevor Strnad (The Black Dahlia Murder), che regala una buona prestazione vocale per un brano abbastanza banale e piatto. Tra i pezzi più interessanti, invece, troviamo “King With a Paper Crown“, dove a farla da padrone è Johan Hegg con il suo vocione, e la tribale “Voodoo of the Godsend” con Max Cavalera dietro al microfono. Ascoltando il disco ci si rende conto di come ogni pezzo, musicalmente, si adatti al frontman di turno; merito soprattutto del talento indiscusso di chi suona nella band. Per esempio, ascoltando “Voodoo Of The Godsend“, ci si rende conto di come il pezzo ricordi moltissimo i Sepultura di “Roots”. Il rovescio della medaglia è dato dal fatto che le canzoni sono costruite a tavolino e quindi il tutto risulta a volte forzato, basta ascoltare “Mother of Sin” per rendersene conto.
I Metal Allegiance dimostrano come l’avere una formazione stellare sia praticamente inutile se non c’è passione in ciò che è stato composto. I musicisti, infatti, salvano in extremis i brani grazie alla loro bravura, però la sensazione di ascoltare qualcosa di forzato non passerà con gli ascolti. Il disco cresce se lo si ascolta più volte, ma i brani resteranno comunque delle brutte copie delle band originali. “Volume II” è dunque un disco ben suonato, ma lontano dall’essere memorabile; non dare la sufficienza a un album simile è impossibile perché è veramente ben suonato, ma risulta veramente difficile dargli qualcosa in più.