Affascinante ed enigmatico allo stesso tempo, intrigante e a tratti onirico, ma soprattutto maturo, questi sono i primi aggettivi che si potrebbero collegare a “Feast for Water“, secondo album dei veneti Messa, realtà di spicco nella scena Doom Metal nostrana.
Già col primo “Belfry”, i Nostri avevano dato un’ottima impressione riguardo il loro talento e le capacità a disposizione, finendo subito sui radar di Aural Music, tramite la quale hanno pubblicato una seconda edizione del suddetto album. Il disco del quale parleremo quest’oggi ha visto la luce sempre sotto la guida della casa discografica romagnola, e ha tutte le carte in regola per stupire e confermare il valore del gruppo.
Un merito che va sicuramente attribuito ai Messa è la loro bravura nel catturare immediatamente l’attenzione dell’ascoltatore, come succede se si ascolta l’introduzione, “Naunet“, oppure la seguente “Snakeskin Drape“. Quest’ultima si apre col soave rumore di un corso d’acqua, accompagnato da delle lunghe note di chitarra. Da brividi l’ingresso della voce della cantante, Sara, autrice di linee vocali eleganti e misteriose allo stesso tempo, collegate al genere proposto in modo esemplare.
Cambia l’approccio da parte della band dopo circa un minuto, andando a colpire con un riffing vario e trascinante, che mette in evidenza le influenze vicine allo Stoner. La varietà del disco è, appunto, un altro fattore rilevante: nei quasi cinquanta minuti a disposizione, difatti, la band prende numerosi spunti da stili diversi e, usandoli con saggezza, va a formare lo Scarlet Doom (così viene definita la proposta musicale del gruppo dagli stessi membri), genere che nasce dalle doti compositivi dei Nostri e si conferma un ottimo stile nell’album in questione.
L’ascolto prosegue con “Leah“, traccia dalle melodie graziose, sicuramente tra le migliori del complesso.
“The Seer” chiude la prima metà del lavoro, un pezzo molto curioso, il quale potrebbe essere definito come il più sperimentale e originale della produzione, con parti strumentali talvolta atipiche, ma che vanno comunque a seguire l’andamento del tutto.
Passiamo ora agli ultimi quattro brani del lavoro, che continuano a prendere in considerazione tratti più particolari, come la precedente composizione. Si passa dall’armoniosa “She Knows” all’ipnotica “Da Tariki Tariqat“, dove compare addirittura il sassofono, aggiunta davvero ben pensata, passando per “Tulsi“, con la sua energia sorprendente, e “White Stains“, caratterizzata dalla sua eleganza, dovuta all’aggiunta di tocchi ambient, ben inseriti nel contesto.
Solitamente, prendere influenze da diversi generi è un’arma a doppio taglio, in quanto può dar vita a uno stile unico, così come un’unione fine a sè stessa, che non porta a nulla.
I Messa, in questa produzione, hanno saputo plasmare una proposta del primo tipo realizzando questo “Feast for Water”, il quale con il suo approccio originale, che va a prendere elementi dal Doom Metal classico con spunti Stoner presenti nei momenti più aggressivi, per unirli a richiami Blues presenti principalmente nei giri di chitarra, è la conferma del talento del quartetto veneto, dopo le buone impressioni del suo predecessore.