Da grande amante del Black Metal, la scena polacca è quella che tengo più sotto controllo, rivelatasi una realtà molto prolifica e di ottima qualità. Considerando che due delle mie band preferite (di cui ad una in particolare ho consacrato la mia anima) sono proprio polacche, quando ho sentito parlare per la prima volta dei Medico Peste ho rizzato immediatamente le orecchie.
La compagine nasce nel 2010, dando alle stampe prima un demo e poi il primo album due anni dopo. Dopo un EP registrato nel 2017, ci troviamo ora ad affrontare questo maestoso “ב: The Black Bile”.
Una premessa è doverosa: non aspettatevi di ascoltare quest’album una volta sola e di carpirlo immediatamente. “ב: The Black Bile” richiede più ascolti, pazienza, attenzione e poca sanità mentale per apprezzarlo. Stiamo parlando di sette brani che suddividono un totale di cinquanta minuti di ascolto; un ascolto assolutamente sfaccettato e interessante, imprevedibile e inquietante. Un lavoro non indifferente quello dei Medico Peste che sa sorprendere e interessare, incappando alle volte in una ripetitività assolutamente perdonabile, perché parte di un quadro più grande. Affrontando temi come la morte, la religione, il Diavolo e i suoi subdoli piani, oltre che la malattia mentale, si può già avere un’idea di cosa si va ad affrontare sin dal principio.
La spettacolare “God Knows Why” apre l’album senza nemmeno un preambolo: subito, con una linea vocale malata e pazza, strumenti impazziti. Si trasforma in breve in un sabba indiavolatissimo, ritualistico e fiammeggiante, diventando poi un valzer infernale mentre in sottofondo quella che sembra una preghiera riecheggia accompagnata da chitarre strillanti e dissonanti. Il respiro concesso a metà brano è inquieto, la rabbia ribolle sotto la superficie, nascosta eppure evidente. Violenza, valzer diabolici e preghiere al maligno si alternano fino alla conclusione.
“All Too Human” aggiunge ancora un livello di pazzia al calderone stregato: meno furiosa della prima traccia, si caratterizza per diversi cambi di velocità e un’inquietudine praticamente palpabile. Un’intera sezione viene dedicata ad un lungo intermezzo spaventoso dove poche note di organo registrate al contrario e dei cori lontani sembrano imitare un inno cristiano: le intenzioni sono sicuramente chiare. Forse un luogo comune del metallo nero, ma che in questo contesto funziona benissimo e rende ancor più peculiare l’intera composizione, che riprende le sue redini violente per dare degna fine al brano, dove ritorna la sezione d’organo già descritta.
L’introduzione interessantissima di “Numinous Catastrophy” dà spazio ad un brano molto ritmato, in cui si sottolinea un riff mistico e uno splendido lavoro di batteria. Ripetitiva quanto basta, dissonante, ad un tratto violentissima, ma specialmente ipnotica: così si può riassumere un più che buon brano da non lasciare inosservato.
“Were Saviours Believers?” aggiunge anche la malinconia al quadro, in una canzone molto più lenta delle altre, che incede con una pesantezza inframmezzata da momenti più rabbiosi e veloci; il focus sembra essere la linea vocale, pazza e dolorosa. La malata sezione centrale si stacca completamente donando un po’ di distrazione, ma poi ci ritroviamo in un incendio dei più neri e furiosi che ci accompagna fino alla conclusione. Altra piccola gemma.
Con “Skin” si perde un po’ lo slancio, regalando comunque momenti di violenza totale e disarmonia, interrotto soltanto da un arpeggio acido che dà spazio ad una lunga conclusione; un filler che comunque non viene meno alle intenzioni dei Medico Peste.
“Holy Opium” si distingue per una chitarra effettata che ci accoglie immediatamente; la linea vocale raggiunge il massimo della pazzia mentre si procede in mid-tempo. La voce e la chitarra si fondono, creando un’illusione confusionaria ma bellissima: l’intero brano sembra un incubo, dei più piacevoli e misteriosi.
A chiudere le danze ci pensa “The Black Bile”: la voce ormai non sembra nemmeno umana, al limite dello spezzarsi completamente. Ossessiva e oscura; esplode di rabbia, si calma, passa ad arpeggi dissonanti e chitarre pesantissime, ritorna ancora alla furia nera. Un viaggio infernale che si conclude sfumando verso il silenzio, un sciabordio di acque (forse dello Stige) conclude il tutto.
Mettiamola così: c’è molto da imparare qui. Il Black Metal può essere originale e i Medico Peste lo dimostrano. Non siamo ancora al massimo possibile, questo no, ma non ci vorrà molto per raggiungerlo. Le intenzioni ci sono, le possibilità pure. “ב: The Black Bile” è un album da cui trarre vera ispirazione, a cui dedicare un ascolto importante e interessato. Io mi auguro che con il prossimo album si raggiungerà l’apice, perché se queste sono le premesse allora posso aspettarmi davvero molto.