Dal 1990, anno di formazione del gruppo, non sono mai passati più di tre anni senza un nuovo album dei Marduk, una nuova offensiva da parte della loro macchina da guerra impietosa e distruttiva.
Arriva infatti, dopo l’ultimo e convincente “Frontschwein” datato 2015, “Viktoria“, quattordicesima (!) fatica per i quattro svedesi, la quale continua a parlare delle tematiche a loro tanto care, riguardanti la guerra e la storia, concentrandosi in questo caso su una riflessione storica del perché certi avvenimenti accadano, secondo quanto detto dal leader Morgan Håkansson.
Analizzando le varie produzioni che lo precedono si nota come queste siano sempre riuscite a mantenere un buon livello, e ciò non può che alzare le aspettative e la curiosità su questo disco, chiamato a replicare i risultati già ottenuti.
Ciò che ha sempre contraddistinto i Marduk è risaputo: composizioni veloci e immediate, ritmi che non si rilassano mai e riff di chitarra vari e diretti, e da questo punto di vista il loro nuovo lavoro non si smentisce, con la pecca però di essere poco costante e avere dei cali d’intensità difficili da spiegare.
La partenza non è delle migliori con “Werwolf“: il pezzo in sé è orecchiabile, pur essendo prevedibile e alla lunga noioso, ma dall’opener era lecito aspettarsi un impatto fulmineo, il che non succede e lascia decisamente l’amaro in bocca.
Le seguenti tracce alzano il livello, dimostrandosi più ispirate nella loro essenzialità, aggiungendo anche dei brevi tocchi melodici, e altri momenti dai ritmi più rilassati e lenti, che comunque non vanno a intaccare l’aggressività del lavoro e si inseriscono bene nel contesto.
Nella seconda metà il lavoro convince maggiormente, con buone tracce quali la title-track e “The Devil’s Song“, ma son presenti anche dei passi falsi come “The Last Fallen“, a sottolineare la poca costanza del lavoro.
Giudicare il disco non è per niente facile, al suo interno troviamo elementi inaspettati che tuttavia non influiscono negativamente sul complesso, come l’aggiunta delle melodie in certi frangenti, ma allo stesso tempo son presenti dei cali di livello, che determinano un andamento instabile.
“Viktoria” raggiunge la sufficienza, ma purtroppo non può superarla, visto l’approccio sbagliato da parte dei Marduk, che si dimostrano approssimativi e superficiali come da loro non ci si aspetterebbe. Dopo quasi trent’anni di carriera arrivare a pubblicare un lavoro che alterna canzoni promettenti e accattivanti ad altre scritte in modo molto più affrettato, per un risultato noioso e piatto, non è di certo un buon segnale.
Ora, bisogna solo sperare che i Nostri siano in grado di lasciare alle loro spalle questo risultato mediocre e tornare quelli che abbiamo sempre conosciuto e apprezzato. Peccato, però, che a questo punto sia una visione abbastanza ottimistica.