Continua l’epopea del fuoco per i tedeschi Mantar, duo di Amburgo tutto pepe capace di ritagliarsi una nicchia personalissima e di catturare l’attenzione della madre di tutte le etichette in quest’ambito, Nuclear Blast. Già con il precedente “Ode To The Flame”, Erinc e Hanno sono riusciti a trovare una formula unica e vincente, che viene riproposta quasi pedissequamente anche questa volta con questo “The Modern Art Of Setting Ablaze“: naturale prosecuzione del precedente, dimostra l’estrema fiducia dei due ragazzi nei propri mezzi, armati soltanto di chitarra, batteria e nichilismo ad oltranza.
Già dal primo pezzo vero e proprio, “Age Of The Absurd“, le intenzioni sono chiarissime e si protraggono fino alla conclusiva, solenne “The Funeral“: sludge graffiante ed essenziale, in cui le melodie fanno capolino ogni tanto ma che è dominato da una furia e da un suono pienissimo difficilmente ricollegabile a due soli individui, specialmente in mancanza di un basso le cui veci sono però fatte da una chitarra grassa e pesante. L’inno catchy “Seek + Forget” ci accompagna quindi all’interno di un album variegato, che inizialmente sembra essere più lungo dei suoi 47 minuti ma che in realtà scorre via facilmente ed è caratterizzato da una qualità compositiva costante. Sono tante le potenziali hit in questa terza fatica dei teutonici: volete i mid-tempo ostinati e solidi come un blocco di granito? C’è “Midgard Serpent (Seasons Of Failure)“. Preferite le declinazioni più punk, con pezzi pestati e veloci? Ecco le ottime “Dinasty Of Nails” ed “Eternal Return“. In generale, siamo di fronte a un disco che è una sorta di manifesto dello stile dei Mantar, cattivi e divertenti su disco come dal vivo, con nessun pezzo che si possa definire propriamente filler e un perfetto mix di attitudine in your face, doom/sludge denso e pastoso e una vena black metal che serpeggia sempre sotto la superficie.
Rispetto al precedente lavoro, molto diretto e sanguigno, in questo caso non siamo tanto di fronte a una forma canzone classica (siamo lontani da strutture tipiche, a parte qualche pezzo con ritornelli facilmente individuabili), quanto a delle composizioni più eterogenee in termini di tempi e ritmi, con molte più accelerazioni e un feeling più metallico: “The Modern Art Of Setting Ablaze” cattura subito l’attenzione in virtù della sua genuinità e cresce comunque ascolto dopo ascolto, piazzandosi decisamente sul podio della breve – ma già scintillante – carriera della band.
È risaputo che giocare col fuoco, filo conduttore della loro discografia, è rischioso, ma i Mantar danno tutta l’impressione di poter dominare l’elemento con estrema naturalezza. Bravi davvero.