“Begin Hate” è il secondo EP dei finlandesi A Lie Nation, seguito di “Human Waves” del 2015. Il quintetto nasce nel 2009 ad Oulu dalla fusione di due gruppi dei quali ci frega poco, rimanendo senza nome sino al 2010, quando si presenta la prima opportunità di esibirsi dal vivo e viene scelto l’attuale gioco di parole A Lie Nation.
L’EP è abbastanza interessante e nonostante la brevità delle 4 tracce i Nostri riescono ad amalgamare egregiamente black e death a momenti più melodici, con dei riff sempre incisivi. Per quanto riguarda i temi trattati, gli A Lie Nation si concentrano per lo più su misantropia, odio e nichilismo. Viva l’allegria insomma.
Già l’apertura di “Rot of the Spirit“, cavalcata thrash/ black’n’roll, riporta alla mente i Carpathian Forest più tecnici, e si porta dietro un riff che difficilmente vi uscirà dalla testa. “Shooting the Messenger” è invece portatore sano di Black melodico venato di epicità di matrice Dimmu Borgir, poi estremizzato ulteriormente dalla glacialità dei Catamenia, conterranei dei Nostri. È anche la traccia scelta dal gruppo per rappresentarli nel video promozionale, la visione del quale vi consiglio di risparmiarvi. Non è filmato male, ma in esso si perde molta dell’epicità di cui sopra, forse a causa della staticità e dell’ambientazione.
“Into Black Divine“, invece, presenta un andamento più tipicamente death. La canzone si poggia su di un riff sì melodico, ma angosciante, ritualistico e ipnotico, contornato da una appena percettibile tastiera ed interrotto solo da brevi ma intensi blast beats sparsi lungo la canzone e un assolo ritagliato su misura. La conclusiva “A Burn Afar” è forse una summa di quanto contenuto nell’EP: a tratti melodica, come a voler concedere all’ascoltatore un attimo di respiro, ma sempre pronta a sfociare in sfuriate black seguite da robusti cambi di tempo death senza mai rallentare un secondo.
“Begin Hate” si rivela essere una consistente dimostrazione della qualità compositiva e versatilità degli A Lie Nation. La produzione rende giustizia alle capacità esecutive dei nostri e ci restituisce un prodotto potente, con una particolare nota positiva riguardo alle doti del cantante, una via di mezzo tra Nattefrost e Satyr, che riesce a farsi comprendere nonostante il genere proposto.
In conclusione, un ottimo passo in avanti per il genere ed un ascolto consigliato a chi apprezza il metal estremo, specialmente se vicino al black metal, ma cerca qualcosa di più sperimentale, tecnico e registrato decentemente.