Quella dei LEVANIA è stata una crescita costante. Dal 2012, data di pubblicazione di “Parasynthesis”, la band ferrarese ha migliorato sempre più le proprie doti tecniche e produttive, passando da un Gothic Symphonic Metal di stampo classico a un Gothic Metalcore più personale e moderno. Il loro ultimo lavoro, “The Day I Left Apart“, è un EP di cinque brani ed è stato rilasciato lo scorso 8 marzo via Sliptrick Records.
La prima cosa che possiamo notare è un evidente salto di livello nella produzione. L’artwork, di grande impatto, appaga l’occhio sin dal primo sguardo, mentre a soddisfare le orecchie ci pensa l’ottimo missaggio di Giuseppe Bassi del dysFUNCTION studio. Le chitarre sono massicce, le voci vengono ben sostenute da cori e controcanti, le parti elettroniche si integrano perfettamente con la sezione ritmica. Forti di questa solida base, il sound dei LEVANIA può quindi (ri)fiorire a nuova vita e rilasciare tutta la propria potenza espressiva.
Anche il livello tecnico dei Nostri ha raggiunto il pieno punto di maturazione, e lo stesso si può dire della verve compositiva. I LEVANIA si inseriscono nel solco tracciato dall’Industrial prima e dagli Amaranthe poi. In confronto a questi ultimi, però, non cedono alla vena Pop e utilizzano le tastiere in un modo più simile ai Pain. Somiglianze, soprattutto per quanto riguarda il cantato della vocalist Elena, le possiamo trovare con Lacuna Coil, Lunatica e Unsun. L’anima che muove i testi resta genuinamente Goth, mentre le chitarre acquistano in certi punti un delizioso aroma Djent sapientemente amalgamato al Melodic Metalcore.
I testi non vanno per il sottile ed esplorano lo stato psicologico di una persona ferita e disperata. Nulla di così insolito, non fosse che la protagonista delle liriche ha subìto un abuso che la porta a una lenta degenerazione morale. Elena (nome d’arte Ligeia) e il tastierista Still inscenano un botta e risposta alternando un buon growl a parti melodiche con timbro non lirico.
Il brano d’apertura, “Rising“, ci racconta il moto di rivolta interiore di chi non ha più intenzione di sottomettersi. Il ritornello attacca bene, soprattutto nel primo verso “I’m not your own fucking doll“, e fa leva su un’orecchiabile immediatezza. In “Traces” si comincia a percepire invece la destabilizzazione mentale propria di chi è preda di una compulsione criminosa. Anche in questo caso abbiamo un chorus ammiccante, lineare, con l’elettronica che detta atmosfere più Industrial. Segnaliamo, al minuto 1:47, il graffiato di Elena.
Come segnaliano gli acuti della vocalist nei versi “Confuses my mind, confuses my life” in “Dried Blood“, il brano migliore del lotto a parere di chi scrive. Qui una partenza violenta si evolve in una progressione cadenzata e pesante che apre a un ritornello indovinato in tutto e per tutto, dai controcanti all’arrangiamento. “Total Recall” presenta il testo più aggressivo del disco, un vero augurio di morte, anch’esso espresso attraverso un ritornello che si lascia ricordare con facilità. La chitarra di Richie si concede parti più “melodic” nelle strofe con un risultato apprezzabile. La finale “Your Eyes and My Fear” manifesta forse più delle altre lo spirito Goth classico dei precedenti lavori, vuoi per la voce di Elena – sinuosa come il canto delle sirene – vuoi per la parte semi-dialogata di Still. Il tutto sempre in chiave elettronica.
Come accennato all’inizio, il salto di qualità dei LEVANIA è evidente e permetterà loro di ritagliarsi una buona fetta di spazio nella scena musicale. Da parte nostra meritano certamente la promozione, lasciandoci con la curiosità di ascoltare il prossimo full-length. L’unico appunto che ci sentiamo di fare riguarda la struttura dei brani e del cantato: una maggiore diversificazione permetterà ai nostri di risaltare ancora di più all’interno del panorama musicale. Abbiamo segnalato di proposito alcuni versi delle canzoni perché è in quei punti che Elena dimostra un’interessante versatilità e personalità. Da parte nostra, non possiamo che fare ai LEVANIA i nostri migliori auguri.