I Lancer sono una band svedese nata nel 2009 con all’attivo un EP e due full length album, di cui l’ultimo pubblicato due anni fa (Second Storm), e che recentemente ha tenuto vari live in Nord Europa, quindi non si tratta esattamente di novellini. La batteria implacabile, il basso che si sente più del solito, le chitarre onnipresenti ma che non si sprecano in fronzoli e la voce particolarmente acuta, talvolta troppo, danno a questa band un carattere leggero e orecchiabile a cavallo tra heavy anni ’80 e il power. I suoni sono limpidi e il mixaggio è buono, mettendo particolarmente in risalto la voce ma consentendo di udire distintamente ogni componente, dando quasi un’ora di album (52:01 minuti) spartita in dieci canzoni che durano tra i 3 minuti e mezzo e i 7 e mezzo.
Tra le canzoni rilevanti:
- Mastery: terzo pezzo. Spesso la canzone con lo stesso nome dell’album è quella più lavorata, o quella preferita. Meno frequentemente è quella preferita dal pubblico, con le dovute eccezioni. In questo caso si tratta di una canzone composita e completa, con la voce che mette in risalto le doti tecniche più che in altre canzoni, e assoli dei vari strumenti a corde.
- World Unknow: ottava canzone. Si tratta del pezzo lento dell’album nonostante il caricamento e l’assolo orecchiabile spezza il ritmo vivace dell’album con un altro che si riscontra anche all’inizio di Envy of the Gods.
- Widowmaker: nono pezzo dell’album. Tutti gli assoli delle canzoni erano abbastanza risicati, pareva che si trattenessero per scaricare tutto in questo pezzo di quattro minuti e mezzo particolarmente energico in cui il solo è inserito in una parte strumentale centrale.
Riassumendo si può dire che i Lancer non si sono discostati dagli album precedenti mantenendo il loro stile senza affinamenti o arrotondamenti di genere, mantenendosi tali e quali a quando hanno iniziato. Da una parte non deluderanno mai i fan, dall’altra c’è il rischio di risultare noiosi dopo un po’.