Dopo l’ottimo “VII: Sturm und Drang” i Lamb of God tornano sulle scene con un EP intitolato “The Duke” e che contiene due nuovi pezzi e le versioni inedite di tre brani: “Still Echoes“, “512” ed “Engage the Fear Machine“. Questa manciata di brani da un lato ha senza dubbio la funzione di tenere caldo il nome della band americana, soprattutto perché quest’ultima non ha fatto nessun tour di supporto per il nuovo album in Europa a causa degli spiacevoli fatti di Parigi. Dall’altro lato, “The Duke” è dedicato a un fan (Wayne Ford) che è diventato amico di Randy Blythe e che è morto di leucemia, quindi l’EP ha anche la funzione di sensibilizzare il pubblico su questo tema, tanto che la band stessa ha indetto un’asta per aiutare la ricerca contro la suddetta malattia. I tre brani riproposti in chiave live sono ben mixati e danno l’idea di una band in forma e con la capacità di fare male. La voce di Randy infatti è impeccabile e riesce a coinvolgere, nonostante si tratti di una semplice riproposizione audio di alcuni live. L’unico difetto lo si trova nel volume delle parti vocali che, a detta di chi scrive, è forse un pochino troppo basso in alcuni punti, come per esempio in “Still Echoes“. Parlando dei due inediti, “The Duke” e “The Culling“, quest’ultimi si dimostrano ben fatti, soprattutto la titletrack il cui testo è veramente pesante considerando che contiene anche estratti delle conversazioni tra Randy e Wayne. La canzone è cantata totalmente in clean e mette in mostra le doti canore del vocalist dei Lamb of God che riesce a trasmettere in modo credibile il messaggio presente nel brano e riesce a fare riflettere l’ascoltatore; emblematiche in questo senso sono le prime parole del brano:
“Every day could be your last so consider your demise
Mine has drawn so near
Stare into the eyes of the end
No one lives forever but you can’t escape from life“
Il secondo inedito, “The Culling“, è invece un brano aggressivo e che rispetta tutti i canoni della band americana e che forse risulta anonimo: la canzone in questione infatti viene salvata solamente dal lavoro dietro le pelli di Chris Adler. Concludendo si può dire che questo “The Duke” sia un EP più per i fan accaniti della band e per i collezionisti, ma questa è una cosa tipica di questi prodotti e non può essere visto come un difetto. La cosa positiva è il fatto che non ha la semplice funzione di tenere il nome della band sulla bocca di tutti, ma ha anche un messaggio più profondo sotto. Purtroppo ad un EP come questo risulta difficile dare un voto più alto della sufficienza, proprio perché spesso al suo interno ha materiale non fondamentale: questo non è il caso di questo lavoro, ma dare un voto esageratamente alto a un disco per un singolo brano è una cosa insensata. Se siete fan della band però non resterete delusi da questo EP e potete alzare il voto di mezzo punto.