“S = K logR” o legge di Weber-Fechner, è una formula nata per esprimere il rapporto tra uno stimolo e la percezione della sua intensità. Utilizzata anche in economia per descrivere il fenomeno secondo cui un bene fornisce sempre meno soddisfazione/utilità tanto più tale bene è usufruito/disponibile, la legge di Weber-Fechner potrebbe essere riassunta come l’equazione della desensibilizzazione. Non è allora un caso che una personalità attenta alle problematiche ambientali come Gabriele “Rusty” Rustichelli abbia scelto tale formula per il suo progetto. Oggi più che mai infatti l’umanità sembra essere diventata insensibile nei confronti della natura, vuoi perché ha considerato le sue risorse inesauribili, vuoi perché continua a sfruttarla dando per scontata la sua passività. I Klogr denunciano proprio questo, da anni, e con il loro terzo lavoro “Keystone” (Zeta Records) rincarano la dose a colpi di Alternative Metal ruvido e genuino. Punto di forza di quest’ultima fatica è la produzione di David Bottrill, personalità che ha lavorato con band del livello di Tool, Staind, Stone Sour.
La prima cosa che colpisce di “Keystone” è la perizia con cui i Nostri si sono dedicati al comparto chitarristico. Dalla composizione ai suoni, dalla parte ritmica a quella solista, l’album manifesta sotto questi aspetti una grande maturità capace di coniugare la ruvidezza al tecnicismo. Nei loro accordi si sentono influenze che spaziano dagli Alter Bridge, agli Stone Sour, fino a derive più prettamente Nu Metal (vedi per esempio Linkin Park e Shinedown). Discorso simile vale anche per il comparto vocale, il quale merita però un discorso più approfondito. A costo di andare controtendenza, è mio personale parere infatti che il graffiato di Rusty non si amalgami come dovrebbe agli arrangiamenti. Molti riff dei Klogr chiamano voci come quelle del compianto Chester Bennington, di Corey Taylor, se non addirittura il pulito di Kennedy, tutti personaggi dai polmoni leggendari, in confronto ai quali la voce giovanile di Gabriele risulta di tanto in tanto forzata, o comunque non abbastanza potente. Ciò va a discapito dell’orecchiabilità dei ritornelli, sicché anche i potenziali anthem vengono in qualche modo “smorzati”.
Mi riferisco per esempio a “Pride Before The Fall“, “Dark Tides” e, soprattutto, alle ottime “Silent Witness” e “The Wall of Illusion“, le quali potrebbero tutte giovare del coro del pubblico in sede live. Oltre a questi, tra i pezzi migliori troviamo l’opener “Sleeping Through The Seasons“, nella quale si denota una linea vocale più convincente, e in particolar modo nel pulito. L’idea, insomma, è che si dovrebbe ricercare un maggiore equilibrio nella timbrica e su questo calibrare la post-produzione.
A parte i sopracitati elementi di dubbio, “Keystone” resta un album apprezzabile in cui qualità e varietà raggiungono un buon compromesso. Le idee messe in campo dai Klogr dimostrano tutte un buon potenziale, anche se a mio avviso manca la hit capace di fissarsi come un tarlo nella testa dell’ascoltatore. Niente di grave, sia chiaro. Perchè la band emiliana ha già dimostrato di saperci fare e di avere dei fantastici margini di crescita.
Tracklist
01. Sleeping Through The Seasons
02. Prison Of Light
03. Technocracy
04. The Echoes Of Sin
05. Pride Before The Fall
06. Something’s In The Air
07. Drag You Back
08. Sirens’ Song
09. Dark Tides
10. Silent Witness
11. Enigmatic Smile
12. The Wall Of Illusion