Doom Metal e Regno Unito, un binomio che nel corso degli anni ha sempre convinto e regalato gemme inestimabili per gran parte delle forme del genere, partendo dai suoi creatori per eccellenza, i Black Sabbath, per evolversi col tempo col terzetto formato da My Dying Bride, Paradise Lost e Anathema, pionieri del Death/Doom, e con gruppi quali Cathedral ed Electric Wizard, ai quali si attribuisce il merito di essere tra i migliori esponenti dello stile più vicino allo Stoner.
Eccezion fatta per la corrente Funeral Doom, che vede come terra natìa i Paesi nordici, è la Gran Bretagna la terra natia di molte realtà di spicco per questo stile misterioso e poetico, tra le quali si stanno facendo strada i King Goat, quartetto di Brighton.
“Conduit” è il debutto per la band, pubblicato inizialmente nel 2016 ma ristampato un anno dopo per l’italiana Aural Music, in una versione che vede come aggiunta tre tracce bonus prese dal secondo EP dei Nostri, risalente al 2013. Il titolo risulta semplice ma si può collegare bene alla proposta musicale, la quale ci porta in un condotto verso un vero e proprio mondo, costellato da atmosfere sognanti e fantastiche in contrapposizione con attimi più cupi e solitari.
“Flight of the Deviants” apre il disco, e lo fa affondando le proprie radici sulle varianti più classiche del genere, offrendo allo stesso tempo una discreta varietà che esprime la personalità dei britannici, la quale col proseguire dell’ascolto riuscirà a farsi notare maggiormente.
In vari punti dell’album, specialmente nella title-track e nell’epilogo, “Sanguine Path“, sale in cattedra Trim, cantante del quartetto, il quale colpisce per la varietà offerta nelle parti vocali, passando da un cantato degno del paragone con i nomi più quotati del genere, ad attimi dove entra in questione un growl appena accennato. Unendo a ciò delle parti strumentali mai scontate, che trasmettono anch’esse quel senso di malinconia quasi poetico, costante per l’intero ascolto, si può constatare il valore dell’album.
Come detto poco fa, la versione in questione ha aggiunto al tutto tre brani bonus, presi dalla precedente produzione del gruppo. Tali composizioni non aggiungono nulla di particolare al lavoro, ma sono interessanti per esaminare l’evoluzione del quintetto in questi ultimi anni.
I King Goat hanno molto potenziale, che se sfruttato al meglio potrebbe portarli a diventare un tassello importante per la scena Doom Metal inglese, come dimostrato da questo “Conduit”, il quale però deve essere seguito da uscite altrettanto interessanti se vuole giovare al futuro dei Nostri.