Se mi aveste nominato Kenny McCormick un’ora fa, il mio cervello ormai compromesso da anni di demenza lo avrebbe associato senza esitazioni al protagonista col giubbotto arancione della celebre serie animata South Park. Dal momento che non mi è consentito divagare su certi argomenti, dovrete accontentarvi della recensione di “Alien”, ultima fatica datata 2021 del polistrumentista originario di Meura.
Il disco ricalca le orme delle due precedenti pubblicazioni -“Event Horizon” (2017) e “Zenturies” (2019)- essendo anch’esso interamente suonato, prodotto e distribuito proprio da McCormick. Tuttavia le affinità con la discografia passata non finiscono qui, in quanto ancora una volta il tedesco propone lo spazio come tema centrale della sua musica, con l’intento di andarne a solcare gli abissi e sviscerarne le mostruose oscurità. Per adempiere a questo scopo, il nostro eroe si serve del progressive metal, genere in tal senso particolarmente appropriato specie se, come in questo caso, è una buona chitarra solista a dare linfa vitale al tutto.
Dunque un album pensato appositamente per gli amanti della sei corde nella sua accezione più moderna, la quale dopo trent’anni di avvizzimento sembra stia tornando alla ribalta con una nuova ondata di eccellenti guitar heroes come, per citarne alcuni, Plini, Jason Richardson, Nick Johnston e tanti altri. Alle spalle di questi , però, si nasconde una schiera ben nutrita di aspiranti virtuosi, tra i quali figura proprio il nostro McCormick.
Scrivendo di un artista che non avevo mai sentito nominare, mi sono trovato in qualche modo costretto a dare un ascolto ai suoi lavori precedenti i quali, nonostante nella forma si somiglino tutti, nella sostanza evidenziano un progressivo salto qualitativo su più fronti e in modo particolare in un’ispirazione artistica crescente nel tempo. La struttura dei brani è solidamente fondata su un’alternanza d’intensità quasi perfettamente ciclica, il che rende tutto un po’ prevedibile ma comunque piacevole all’ascolto, qualità di vitale importanza se si considera che ci approcciamo a 57 minuti di musica interamente strumentale, per alcuni una vera sfida alla pazienza.
Analizzare i singoli brani, data la natura degli stessi, lo trovo superfluo, tuttavia non posso non citarne alcuni meritevoli di attenzione come la opener “Contact”, che con le sue linee chitarristiche orecchiabili mi ha subito invogliato a proseguire l’ascolto, o la spigolosa “Paradigm Shift”, il primo dei due brani Djent-oriented del disco assieme a “Metaphor”, questa con qualche diluita sfumatura di mathcore nel riff dominante.
A chiusura del disco troviamo invece una traccia dal titolo molto curioso, un lunghissimo codice numerico basato sulle cifre 0 ed 1, che affonda in modo ancora più profondo nel concept alieno attraverso un massiccio impiego di synth d’ambiente in totale sostituzione alla chitarra, soluzione per nulla affine a quanto ascoltato nell’ora appena trascorsa. Si tratta dell’unico brano che è riuscito realmente a spiazzare il sottoscritto che credeva, giunto alla fine, di aver trovato certezze: approvato.
In conclusione posso ritenermi soddisfatto di un artista che si dimostra in lieve ma costante crescita, specie in virtù del fatto che il prodotto finale è frutto di un lavoro totalmente indipendente e, i musicisti comprenderanno bene ciò che scrivo, portare avanti tali progetti non è impresa facile. Detto questo, “Alien” ha indubbiamente dei difetti: la produzione, per ovvi motivi, non è proprio impeccabile (ad esempio, c’è una drum machine che prossimamente vorrei veder sparire) ed inoltre la proposta musicale, non partorendo nulla di innovativo, sa un po’ di già sentito nonostante risulti nel complesso gradevole.
McCormick è un bravo compositore dalle buone capacità esecutive che porta avanti una precisa idea di musica, ma essere bravi nel 2021 non è più sufficiente; per riuscire a catturare l’interesse di un pubblico sempre più esigente è necessario sapersi muovere in terreni poco battuti, altrimenti c’è da sgomitare parecchio. Tuttavia, forte di un processo migliorativo chiaro e tangibile, credo che questo ragazzo abbia tutte le qualità per poter dire la propria in una branchia della musica in netto fermento ma ancora agli albori. Noi di Metalpit siamo qui ad aspettarlo.
Tracklist:
01 Contact
02 Alien
03 Monolith
04 Close Encounters Of The Fifth Kind
05 Paradigm Shift
06 Silent Observer
07 The Shadow Out Of Time
08 Type Omega-Minus
09 Star Atlas
10 Metaphor
11 0100000101001100010010010100010101001110