L’uscita del nuovo album dei Kataklysm non sta passando inosservata, dopo il grande spiegamento di forze mediatiche: trailer, video track by track, hashtag #iamanoutsider e quant’altro. La Nuclear Blast ha saputo puntare i riflettori sul tredicesimo album della band con una certa maestria.
Sono passati tre anni dall’ultima release. Eppure con “Meditations“, nonostante le differenze di realizzazione e produzione, la direzione intrapresa pare simile a quella di “Of Ghost and Gods”: suoni più puliti e melodie orecchiabili.
Agli amanti dei Kataklysm dei primordi, questo album apparirà fin troppo adatto ad un pubblico generico. Alcuni passaggi di “Guillotine“ e “Outsider“ sono in effetti talmente accurati e nitidi da risuonare artificiali. Va però considerato che tale suono è una scelta estremamente ponderata, dovuta anche all’età della band – con ben 25 anni sulle spalle, per quanto ben portati: Maurizio Iacono aveva dichiarato già anni fa di aver cominciato a prendere lezioni per governare meglio la voce ed infatti la sua performance è ai massimi livelli; inoltre JF Dagenais e Oli Beaudoin – oltre ad aver assolto i propri compito di chitarrista e batterista della band con tecnica ineccepibile – si sono dedicati alla registrazione in uno studio personale sperduto nelle foreste canadesi.
L’ingaggio di Jay Ruston – che ha prodotto e remixato per Anthrax e Meat Loaf, giusto per dirne due – ha dato il “la” ad una serie di finiture che completano il quadro: perfezionismo a braccetto con l’aggressività, piuttosto che contro di essa.
Perché di fatto l’aggressività non manca, soprattutto a partire dalla quinta traccia. “Born To kill And Destined To Die“ è una perla di virtuosismo e dinamismo, mentre con “In Limbic Resonance“ si ricominciano a sentire le sorde grattate di basso di Stéphane Barbe. Insomma, ce n’è anche per i palati più old school, anche non raggiungendo le vette di innovazione e consenso di “Shadows & Dust”.
A parere di chi scrive, ci stiamo trovando di fronte a una situazione similare a quella dei Dimmu Borgir: entrambe sono band che stanno letteralmente riflettendo su se stesse e che però scontano la “pena” di essere gruppi leader dei propri generi di appartenenza. In bilico tra vecchio e nuovo, le opinioni del pubblico non possono che prendere direzioni diverse ed inconciliabili. Ciononostante, il proposito dei Kataklysm, ovvero realizzare un ibrido death metal densamente melodico e con tratti groove, è stato comunque portato a compimento.
A conclusione della recensione – e del disco stesso – va assolutamente citato “Achilles Heel“. Nonostante un’intro lunga un minuto, merita una menzione speciale per l’emozione che scaturisce dai giri di chitarra: un vero e proprio sollievo dell’anima. La sovrapposizione dell’ultima ripresa e della melodia di chiusura è un momento che fa fede al titolo dell’intero disco: una meditazione.
Con il 2 giugno parte il breve tour americano dedicato alla release di “Meditations”, mentre dovremo aspettare ottobre per poter giudicare anche in Europa la sua resa sul palco, spalla a spalla con gli Hypocrisy. Personalmente non mancherei all’appuntamento!