Nato dalla mente di Timo Solonen dopo un EP rilasciato da solista sotto il nome di Kuolonkoura, e diventato realtà vista la collaborazione con altri session in studio, Infirmum è un nuovo progetto che sta cercando di farsi spazio nella scena underground finlandese. Il debutto arriva con “Walls of Sorrow”, che nei suoi dieci brani offre un doom metal che talvolta rimanda al death, ma senza farlo in modo marcato, mantenendola sempre un’influenza praticamente marginale. Non certamente una scelta stilistica innovativa, ma l’esperienza del musicista fa in modo che la produzione non risulti anonima.
Il lavoro si presenta con un artwork che rimanda all’heavy metal classico, ma presenta già uno scenario più oscuro, e un elemento che viene subito esposto è proprio l’attitudine ottantiana che si nasconde dietro brani come l’opener “To Darkness”. Le fondamenta doom vengono rese quindi il punto di partenza per un risultato che senza muoversi troppo cerca di ottenere la varietà necessaria per contraddistinguere la propria proposta, e infatti non si hanno mai netti rimandi a differenti realtà.
In altri episodi si fanno spazio le già citate influenze death metal, che rendono l’atmosfera attorno al susseguirsi di riff doom ulteriormente cupa. Nonostante ciò, lo spostamento dalle sonorità canoniche non è netto, la vicinanza con i sottogeneri più aggressivi passa in secondo piano, facendosi sentire con le parti vocali vicine al growl ma non con quelle strumentali, più coinvolgenti. Medesime sensazioni si possono percepire anche nella doppietta formata da “Silence” e “Doomed”, la quale si presenta come gelida ma avvolgente allo stesso tempo, nel modo in cui colpisce e fa disperdere nelle sue atmosfere mantenendo una buona melodia come base delle composizioni.
Fino a questo momento, non ci sono particolari lati negativi che vengono esposti, ma nella seconda metà dell’album si iniziano a percepire i vari brani come asettici: seguono tutti lo stesso leitmotiv in maniera fedele, senza calare mai di livello, ma non riescono a lasciare il segno in maniera netta. Il disco non è assolutamente anonimo, e anche nel finale pezzi come “Sail Away”, con le sue influenze heavy metal, e la decadente “Fearless” lo dimostrano. Si può ritenere semplicemente acerbo.
L’interesse originato dall’ascolto di questo debutto non si contesta, ma la percezione è che il progetto abbia le capacità per sorprendere ancor di più in futuro. Senza svalutare “Walls of Sorrow”, che per chi predilige sonorità classiche e oscure potrà essere una scoperta piacevole, prendiamo nota di questo realtà come una band con il potenziale per stupire in futuro, sperando che la grande concorrenza presente nella scena scandinava non limiti la sua crescita.