Dalla Norvegia con furore arriva il duo degli Hovmod, band di gelidissimo black metal al loro debutto discografico con “Doedsformasjon”. Il moniker scelto significa “alterigia”, con il chiaro intento di discostarsi completamente e nettamente dall’umiltà e fronzoli vari.
Inutile prendersi in giro: quest’album è fatto di un black metal nudo e crudo che soddisferà tutti gli amanti del genere. Per una volta, invece di fare la pignola come il mio solito, quest’album me lo sono veramente goduto e mi ha riportato ai tempi in cui ho mosso i primissimi passi nel mondo del metal nero. “Doedsformasjon” si infiamma e si spegne nel giro di trentasette minuti, per un totale di otto brani fatti di ghiaccio purissimo. Fa la sua porca figura una produzione praticamente cristallina, laddove si è di solito abituati a sentire dischi registrati con un Sapientino degli anni ’90: il black non ha (quasi) mai suonato così bene prima. È possibile ascoltare ogni minimo dettaglio, e non è poco per un album così gelido e altezzoso!
Ogni brano è un piccolo incendio a sé che infuria con violenza e freddo glaciale: batteria al massimo, doppia cassa costante, chitarre ben oleate e velocissime. Le danze vengono aperte con “Total Krig”, che ci accoglie letteralmente con uno sparo: in due minuti e quarantasette gli Hovmod dichiarano subito tutti i loro intenti con ritmi serrati e chitarre estremamente taglienti. Decisamente lenta invece la title-track, scelta che potrebbe cogliere di sorpresa se non fosse per l’esplosione dopo nemmeno un minuto dall’inizio. Il pezzo, poi, procede per questo andazzo rispettando fedelmente la falsariga tracciata dal primo brano.
Inquietantissima e paurosa, “I Grevens Tid” è praticamente un’invocazione al Maligno, oscillante fra mid-tempo oscuri e sezioni più veloci ma ricche di un’atmosfera sinistra. Bellissima la parte in cui un fitto muro di sole chitarre e batteria riempiono lo spazio che si potrebbe comodamente riempire con un assolo, per dare poi spazio ad un cambiamento di riff che sembra davvero imitare l’imperversare delle fiamme: assolutamente uno dei brani più belli dell’album.
“Blodsbaand” vola un pochino più in basso, dando però un meritato momento di respiro: seppur rimanendo letteralmente un pezzo di ghiaccio, è più lenta e maestosa, quasi echeggiando dell’epic ma non volendo farlo davvero.
“Hatskapt” nell’introduzione riparte da dove eravamo rimasti, cruda e crudele, un incendio nerissimo anche in parti dove finge di essere appena melodica; nello svolgimento rallenta senza perdere le sue caratteristiche. L’interruzione a metà brano è una piacevole sorpresa, specialmente quando ti fa pensare che il bello deve ancora venire, in una lunga preparazione che porta invece un mid-tempo al permafrost, che straordinariamente non delude. Il finale che scema verso il silenzio è un altro muro impenetrabile, decretando un altro brano davvero ben riuscito.
Incede maestosa e spaventosa “Evig Mistru”, la cui introduzione è probabilmente l’unica volta in tutto l’album in cui la doppia cassa non c’è. Anche questa canzone funge da canto rituale, con chitarre sguainate e inquietanti, e si spegne in un lungo finale ritmato da vera invocazione sciamanica.
“Maktdemon” è subito furiosa, e infatti prosegue incazzatissima con vari cambi di riff sia di chitarre che di batteria; c’è spazio anche per un minuscolo assolo mascherato che sfida le velocità finora raggiunte.
La conclusione è affidata ai quasi otto minuti di “I Endens Kapittel”, tinta di un’atmosfera da film horror nell’intro; esplode in un incendio violentissimo che potrebbe addirittura portare a dell’headbang nello svolgimento. Si destreggia fra piccoli cambi di velocità, sfiorando di nuovo l’epic nella sezione centrale; fila poi dritta per la sua strada fino ad una breve pausa prima del finale, lungo e imperiale, affidato quasi del tutto alle chitarre.
La cosa che più mi ha colpito di questo “Doesdformasjon” è che seppur tutto quelle di cui è composto sono scelte che rispettano qualsiasi canone, che forse a orecchie ben più esperte delle mie risulta già sentito e per niente nuovo, ha comunque un’originalità rara che si rispecchia nel non aver citato in nessun modo ovvio nessun’altra band. Insomma, gli Hovmod sanno quello che fanno, e lo sanno fare davvero bene. E ascoltare “nuovo” Norwegian Black Metal non è mai stato così piacevole e così soddisfacente. Bravi.