Il bello del metal è che non finisce mai di sorprendermi. Ci sono band famose e quotate che nonostante potenti mezzi e massiccia pubblicità riescono a deludere le aspettative e ci sono band che, oserei dire quasi dal nulla, sfornano un disco di pregevole qualità. Questo è il caso della band di cui vi scriverò oggi, gli HIDDEN MEMORIES.
Nascono musicalmente a Varese nel 2006 e iniziano a comporre musica propria a partire dal 2009. Nel 2011 pubblicano il loro primo demo intitolato “First Step in the Dark“. Nel 2016 firmano con la label Underground Symphony per la pubblicazione del loro primo full length album intitolato “Empirical Fragments“. È stato prodotto da Giulio Capone (Temperance, Black Oceans, Bejelit) e sono attualmente composti da Filippo Riganti (voce), Andrea Agliardi (chitarra ritmica), Jader Phan Van (chitarra solista), Michael Borghi (batteria) e Andrea Boccarusso (basso).
Sono venuto a conoscenza degli HIDDEN MEMORIES quasi per caso e mi ci sono avvicinato, mea culpa, con un pizzico di sufficienza. Sono tutti ragazzi giovani e questo “Empirical Fragments” è il loro primo vero lavoro. Mi aspettavo un album come tanti, con qualche scopiazzatura qua e là ed un’accozzaglia di idee mal gestita, e invece mi sono dovuto ricredere: vuoi per la sapiente guida di Giulio, vuoi per delle idee chiare, senza la smania di voler strafare, hanno dimostrato di essere una band di tutto rispetto, capace di sfornare un bell’album, equilibrato e mai banale. Perché probabilmente è proprio questa la cosa che più mi ha colpito: non sono andati alla ricerca dell’ascolto facile, non hanno cercato di introdursi in filoni musicali modaioli, bensì, fin dalla prima traccia è chiaro che hanno cercato di proporre una loro identità e un loro sound. Potremmo definirlo come un heavy metal con inserti thrash e forti influenze melodiche, ma diciamolo una volta per tutte, la musica va ascoltata e non catalogata.
La traccia d’apertura, “Ankh“, è un pezzo strumentale e richiama una melodia orientaleggiante con un ritmo calzante, melodia che si inserisce alla perfezione nella seconda traccia “Jackals“. La terza “The Hunt” è potente e aggressiva, ben bilanciata dalla successiva “Cerberus“, che presenta un ritmo sempre serrato ma con un’anima più melodica e con un tocco catchy. Pregevole il lavoro delle chitarre; la voce di Filippo, al primo ascolto, mi sembrava a volte eccedere negli acuti ma, dopo diversi ascolti, devo dire che rientra perfettamente in quella che è l’identità che la band ha voluto dare al proprio lavoro. In “Insane Equilibrium” la voce si fa, a tratti, più cupa, il ritornello è comunque melodico ed orecchiabile ma ho apprezzato il tratto strumentale di circa 2 minuti a metà canzone, decisamente ottimo. In “Scars” la voce di Filippo si presta a nuove sfumature apprezzabili ma, anche in questa, a circa metà brano il ritmo cambia, rallenta, fin quasi a fermarsi, lasciando spazio alle chitarre con un ritmo sempre crescente ed incalzante. “Fading Away” è la classica ballata e, nonostante forse non brilli di originalità strutturale, è comunque capace di emozionare, grazie anche agli inserti tastieristici. La ultime due tracce, “First Step In The Dark” e “Over The Edge” scorrono piacevolmente e confermano l’impressione fin qui avuta.
Si tratta di un gran bel lavoro, una band con un’identità propria ben delineata ed un gran potenziale. Certo, come ci sono i pregi, ci sono anche i difetti, come è ovvio e normale che sia per una band all’esordio: qualche scelta strutturale è rivedibile, qualche solo è un po’ fiacco e ogni tanto l’attacco vocale l’avrei preferito più deciso, ma senza ombra di dubbio la band merita di essere seguita e sostenuta. Il percorso di crescita è iniziato, la strada da percorrere è tortuosa, considerando l’aridità della scena metal live italiana, ma continuando così, con impegno e passione, riuscirete a togliervi molte soddisfazioni!