Nell’affollato calderone dell’Atmospheric Black Metal, gli Harakiri for the Sky sono un nome che fin dal debutto uscito nel 2012 si ripresenta sul mercato a cadenza regolare, ogni due anni, come la revisione della macchina. Se la matematica non è un’opinione, si arriva a quest’inizio 2018 con “Arson“, quarto album in carriera per il duo austriaco: M.S. e J.J. piantano ancora una volta i piedi confermandosi tra i nomi più validi di una scena allo sviluppo della quale hanno contribuito loro stessi in una certa misura.
I binari sono sempre gli stessi: un Black Metal di ampio respiro fortemente contaminato da elementi Post Rock che, a seconda dei punti di vista dell’ascoltatore, continuerà a essere il punto di forza della formazione o inizierà a essere un sintomo di ristagno compositivo. Ma andiamo con ordine: per la prima volta i Nostri si avvalgono di un batterista in studio, il connazionale Kerim “Krimh” Lechner, autore di una prova maiuscola che fornisce all’insieme una connotazione più umana pur non discostandosi dallo stile abituale degli austriaci. La produzione tende come sempre a suoni ben definiti, lasciando le melodie a occuparsi del frangente atmospheric della musica, che siano protagoniste di stacchi puliti o cesellate in muri di suono su tappeti doppia cassa poco importa. Le sette tracce riescono a catturare facilmente l’ascoltatore, nonostante alcune di esse necessitino di più ascolti (e quindi di molto più tempo, orologio alla mano): pezzi come l’iniziale, lynchiana “Fire, Walk with Me“, la meravigliosa “Heroin Waltz“, a giudizio del sottoscritto pezzo di punta del lavoro, o “Tomb Omnia” si destreggiano ottimamente tra passaggi più lenti e ragionati e altri caratterizzati da una furia bieca, con la voce di J.J. carica di disperazione che urla testi pregni di sofferenza, stagliandosi su un’esecuzione strumentale inappuntabile. Menzione a parte merita “Manifesto“, cover dei Graveyard Lovers che si avvale del delicato contributo della cantante Silvi Bogojevic e che chiude egregiamente la versione deluxe di questo lavoro.
A fare da contraltare a tutto ciò vi è forse l’unico, grande problema degli Harakiri for the Sky, quantomeno a livello personale: escludendo l’ultima traccia bonus, nessuna delle composizioni scende sotto i nove (!) minuti di durata, non certo una sorpresa per chi segue la band. Un’arma a doppio taglio che, nonostante la varietà dei brani, rischia a tratti di trascinarli nell’anonimato e porta l’ascoltatore a controllare il minutaggio con una costanza preoccupante. Sicuramente qualcosa con cui fare i conti, che tuttavia difficilmente scoraggerà gli appassionati del genere e i seguaci del combo e che di certo non va a sminuire l’elevato valore di questo disco, “solito” lavoro con cui M.S. e J.J. centrano di nuovo il bersaglio.