Giunge infine dalle terre tartare “Ashes” (“Пепел“), quarto studio album della band folk metal GRAI (ГРАЙ) nonché opera del decennale di attività.
Già dal primo singolo uscito alcuni mesi fa, “Tread of Winter” (“Поступь зимы“), si poteva notare una decisa virata verso sonorità più potenti e meno folk e il tutto viene ora confermato da musiche molto più cupe così come da testi dove è spesso la morte a farla da padrona.
La canzone più potente risulta essere senza dubbio “Song of Dead Water” (“Песня мертвой воды“), in cui si arrivano ad inserire riff che richiamano molto da vicino il black metal, pur non abbandonando le arie folk che contraddistinguono il gruppo russo, ma il tutto lascia senza respiro, così come la voce particolarmente ispirata e “dolorosa” della cantante Irina coadiuvata degnamente dalle seconde voci di Aliya, che nei GRAI si occupa di suonare anche il flauto, e del growl del bassista Yuri.
In generale da tutto “Ashes” traspare potenza e dolore ed è difficile provare sensazioni “primaverili” come accadeva in “Mlada”, uscito nel 2014. In questo album è tutto dolore e morte. E non una morte dolce, ma risulta spesso essere una morte inferta da armi o portata dalle rigide notti invernali del Tatarstan, ove solo gli uccelli spazzini possono degnamente festeggiare (“Darkness With Me” / “Мгла со мной“).
Due le canzoni tradizionali portate nel disco, ovvero “A Water Well” (“Колодец“) ed il secondo singolo “Donya” (“Доня”), mentre il resto dei testi è suddiviso tra il musicista folk/black metal Dmitriy Dubinin (Княжая Пустынь) e la stessa Irina.
Come già detto, la componente metal è molto forte, ma le atmosfere folk mantengono la loro importanza, per creare un connubio inscindibile che non può portare altro che alla Grande Madre Russia, più di tante altre band ben più conosciute e celebrate al di fuori dei confini nazionali. Altro punto di forza è sicuramente la qualità della registrazione molto elevata mentre, se proprio dobbiamo trovare un difetto, in certi frangenti le canzoni si assomigliano un po’ troppo, per quanto questo fatto non risulti eccessivamente pesante.
Di particolare interesse gli ultimi tre brani, ovvero la title track “Ashes” (“Пепел“), “Fortress” (“Крепость“) e “Farewell” (“Прощание“). Questo trittico, a differenza dei brani che li precedono, risulta più “psichedelico” e ambientale e lascia comunque uno spiraglio ad un futuro di rinascita. La ballad “Fortress“, in particolare, per la prima volta mostra nei GRAI un utilizzo della voce maschile che rimanda in qualche maniera al timbro degli Heidevolk.
Da aggiungere infine che, nella versione limitata del disco, “Ashes” contiene anche una cover tradotta in russo di “…Pir Threontai” dei Rotting Christ.