Circa vent’anni fa veniva pubblicato “Terra Incognita”, primo album dei francesi Gojira.
Il disco presentava un Death Metal cattivissimo, influenzato da gruppi come i Morbid Angel , Meshuggah, Sepultura e tanti altri grandi nomi del Metal estremo.
Nonostante il suo songwriting un po’ acerbo ed una produzione non poco eccellente Terra Incognita è ancora oggi un debutto onesto, che faceva presagire il talento dei musicisti, sentitevi “Love” per capire.
Nessuno, però, si sarebbe aspettato che due anni dopo, nel 2003, i Gojira avrebbero cambiato totalmente direzione con il loro secondo lavoro: “The Link”.
Ancora oggi penso che sia il disco più snobbato dei Gojira (e questa la dice lunga sulla qualità dei loro album), ma invito tutti a riscoprirlo.
Il sound inconfondibile che amiamo nasce tra i solchi di questo lavoro, che seppur con le sue incertezze riesce a regalare dell’ottima musica, senza contare che con questo album inizieranno le tanto amate tematiche ambientaliste, che vengono tutt’oggi portate avanti (e menomale).
“The Link”, “Embrace The World”, “Remembrance” e “Dawn” sono brani ispiratissimi in cui il Metal ritmico dei nostri colossi emerge in tutta la sua magnificenza, a condire il tutto ci pensano alcuni, apprezzabilissimi, inserti tribali.
Sarà però “From Mars To Sirius”, del 2005, a consolidare una volta per tutte lo stile dei francesi.
Un disco incredibile, ancora oggi pesantissimo, in cui i nostri riescono ad esplorare dimensioni impossibili ed oniriche senza perdere un briciolo della violenza del Death Metal.
FMTS diverrà anche il lavoro più iconico del gruppo, grazie alle famosissime balene volanti che i nostri hanno infilato nella copertina e nella loro stessa musica, se non avete mai sentito nulla di questi “folli” vi invito a partire dalla maestosa “Flying Whales”, uno dei loro pezzi più conosciuti ed apprezzati.
Dalle tematiche oniriche si passerà al concetto di morte e rinascita con l’altro capolavoro del gruppo: “The Way Of All Flesh”, pubblicato nel 2008.
Potrei spendere infinite parole su quest’opera, vista la sua magnificenza, tutta via mi limiterò a dirvi “The Art Of Dying”.
Dopo quattro anni, nel 2012, ecco che uscirà “L’Enfant Sauvage”, un album più accessibile dei precedenti ma comunque in linea con il loro Progressive Death particolarissimo, eguagliare la perfezione per tre volte consecutive non è semplice ed infatti nonostante sia un album incredibile si trova un po’ sottotono rispetto ai due precedenti, ma brani come “L’enfant Sauvage”, “The Gift Of Guilt” o l’opener “Explosia” rientrano ancora oggi tra i loro pezzi migliori.
I Gojira, a questo punto, diventano un gruppo dalla fama globale, tutti li amano, ascoltano e venerano come nuovi dei del Metal, da alcuni vengono definiti addirittura i “nuovi Metallica”.
Passano altri 4 anni ed esce il loro lavoro più controverso: “Magma”.
Ricordo benissimo quando uscì e spiazzò tutti: il disco presentava sonorità molto più leggere ed il Death Metal furioso che caratterizzava la loro musica si limitava al brano “Silvera” e qualche sezione sparsa, preferendo un sound intimo e introspettivo.
Va dato però atto che “Magma” ha saputo reinventare i Gojira, evitando un effetto “more of the same” che sarebbe stato, forse, inevitabile dopo tanti album.
Dopo questa premessa, doverosa per ricordare quale sia stato il percorso dei Gojira, ci troviamo oggi, a distanza di 5 anni da Magma, con questo “Fortitude”, il cui compito è quello di confermare o meno la direzione intrapresa col precedente lavoro.
La risposta è sì, i Gojira hanno scelto di proseguire con un sound più leggero, melodico e dalle tinte intime, perdendo in parte la follia che caratterizzava i loro lavori più celebri, ma questo non è necessariamente un male, visto che i francesi riescono comunque a mantenere una certa impronta stilistica, che riesce a confermare per l’ennesima volta il valore del gruppo.
Fortitude si dipana tra brani leggeri, influenzati dalla World Music, come “The Chant” o “Another World” ad altri più massicci come “The Grind” e la mia preferita, “Sphinx”, che riesce ad essere una via di mezzo perfetta tra il nuovo ed il vecchio.
Va infatti specificato che, rispetto a “Magma”, vi sono più momenti riconducibili allo stile dei vecchi Gojira, con sezioni “Death” piuttosto gradite, anche se non sempre ispiratissime.
Tornano anche alcuni inserti tribali che riportano alla mente il caro, vecchio, “The Link” ed in generale il disco riesce a creare ottime atmosfere.
Tra i brani si sentono alcuni rimandi (involontari) ai Mastodon o ai Tool, a sottolineare l’ammorbidimento del sound dei Gojira, che si stanno avvicinando ad un Progressive Metal sempre più raffinato, “Hold On!” ne è l’esempio maggiore.
La principale critica mi sento di muovere a questo “Fortitude” è che non riesce a portare nulla di realmente nuovo all’interno del sound dei Gojira, molti riff rimandano veramente tanto a canzoni di album precedenti ed in generale il songwriting si è fatto meno imprevedibile.
Magma, pur con le sue criticità, riusciva nell’intendo di risultare come un disco unico, pieno di personalità, in questo caso invece sembra di trovarsi dinanzi ad una chimera tra vecchio e nuovo, senza ben capire quale fosse la direzione voluta dai fratelli Duplantier, che come al solito offrono prestazioni incredibili specialmente dal lato ritmico.
Una produzione un po’ troppo plasticosa poi non aiuta durante i primi ascolti, si ha la sensazione di star sentendo brani concepiti per i live e non tanto per essere ascoltati in studio, la voce di Joe a volte risulta troppo prodotta, tanto da sembrare innaturale.
“Fortitude” è quindi una buona prova, ampiamente sufficiente, che riesce a confermare quanto i Gojira meritino l’enorme successo che hanno guadagnato nell’ultimo decennio, però è anche a tratti poco ispirato e confuso.
Se questo album presenta similitudini con “The Link” non posso che sperare in un prossimo “From Mars To Sirius”.
TRACKLIST
01. Born For One Thing
02. Amazonia
03. Another World
04. Hold On!
05. New Found
06. Fortitude
07. The Chant
08. Sphinx
09. Into The Storm
10. The Trails
11. Grind