Devo ammettere che, sin dal primo ascolto, i Ghost Bath non mi hanno convinto, vuoi perché sono molto legato al Black, vuoi perché sono un appassionato del Doom in tutte le sue sottocategorie e del Depressive di chiaro stampo underground, che a mio parere è tutt’altro da ciò che andrò a recensire. Ovviamente tutto quello che leggerete vuole essere un pensiero strettamente personale, che non deve essere preso come un comandamento né come una stroncatura netta di una band che magari ha qualcosa da dire in modo variegato e diverso da tanti altri. Ma addentriamoci all’intero “Starmourner”.
Il disco si apre con “Astral”, una intro in pianoforte che regala un’atmosfera triste ma allo stesso tempo sognante, che per certi versi mi ha ricordato l’apertura di “Mellon Collie And The Infinite Sadness” degli Smashing Pumpkins. Ma è dopo i primi 3 minuti e 20 secondi che si entra a pieno titolo nel magico mondo dei Ghost Bath con “Seraphic”. A primo impatto ciò che mi rievoca questo inizio sono i Running Wild: una chitarra gloriosa all’insegna del ritorno sulla Jolly Roger, seguita da una batteria che accompagna la chitarra in modo non troppo veloce ma in perfetto crescendo. Il tutto si trasforma quando entra la voce a prendere possesso del brano: la band cambia mood in modo repentino, trasformandosi da gloriosa a imbestialita. Il disco prosegue con “Ambrosial”, uno dei pezzi più interessanti del disco, dove sin dai primi secondi è la batteria a emergere con una doppia cassa incalzante e un rullante che ti martella nella testa. Le chitarre seguono il vortice oscuro in cui veniamo subito catapultati, il tutto condito dalla voce che finalmente abbandona le urla continue e riesce a dire qualcosa. Segue il brano “Ethereal” che mi ha rievocato i The Cure di “Friday I’m in Love”, specialmente nelle chitarre e nell’accompagnamento. “Celestial” invece riprende il discorso Running Wild, con aggiunto un cauto accenno a Manowar ed Ensiferum, il tutto contornato dalla solita voce urlante che già alla quinta traccia del disco risulta stancante e decisamente fastidiosa. La successiva “Angelic” a parer mio è il pezzo più bello di tutto l’album: eseguito interamente con due sole chitarre, riesce per certi versi a condurci all’interno del Depressive con sonorità tristi, ma con la consapevolezza che avrebbe potuto tramutarsi da un momento all’altro in una ballad (visto che ci siamo, potevamo aspettarci anche questo!?) e credo non sia del tutto fuori luogo etichettarla come tale, visto che è l’unico attimo di respiro del disco. L’album riparte con i brani usciti precedentemente come singoli “Luminescence”, “Thrones”e “Elysian” per arrivare a “Cherubim” e “Starmourner”, i pezzi più rock di tutto il disco che oscillano tra le sonorità di Green Day e Placebo, fatta eccezione per la voce che torna alla carica con le sue urla disperate e la batteria che chiude i fraseggi velocizzando i passaggi, ripartendo poi alla velocità della luce (specialmente in “Cherubin”). Chiude il tutto “Ode”, brano definibile come “Outro”, che riporta alla luce il pianoforte, seguito da una batteria finale che ci accompagna direttamente alla chiusura in modo nostalgico e sognante.
Ciò che ho da dire su questo album è che, personalmente, non trovo accostamenti e similitudini tra il Depressive Black/Doom (come i Nostri sono etichettati) e le ideologie musicali di “Starmourner”. Sicuramente ci troviamo di fronte a un gruppo con della tecnica, ma la suddetta tecnica dovrebbe sfogarsi in un altro genere. Doom e Depressive Black Metal non sono certo fatti di gloriose chitarre power metal, epic, che gridano il potere della conquista, né di influenze tipicamente rock. Depressive Black Metal è appunto depressione, tristezza, lentezza nei tempi dei brani, l’angoscia, l’urlo di disperazione. Definirsi Black Metal o addirittura Depressive/Doom solo perché il cantante bercia continuamente fino all’esasperazione mi sembra un tantino troppo; forse i Ghost Bath dovrebbero dare un’ascoltata a gente come Xasthur, Nortt, Wolves In The Throne Room, anche se siamo nel periodo dell’avanguardia, in cui tutto è stato già detto e fatto e quindi cercare nuove strade è comprensibilissimo. Magari proprio i Ghost Bath saranno i capostipiti del nuovo Black Metal e dell’ondata oscura che ci avvolgerà; io francamente preferisco guardare indietro nel tempo e godermi ciò che il Black significa e ha significato per me, nella vera essenza del termine.