DIVINITY COMPROMISED – Terminal

by Dario De Marco

I DIVINITY COMPROMISED sono una band Progressive Metal di Chicago, formata nel 2009, e che attualmente riveste un ruolo abbastanza importante nel panorama metal della città americana. La band è formata da veterani di numerosi gruppi di Chicago e vede, nella line up attuale, Jeff Treadwell (chitarra principale), Lothar Keller (voce), Andrew Bunk (basso), Ben Johnson (tastiere e chitarra ritmica) e Mike Mousel (batteria e percussioni). I nostri hanno evoluto il proprio sound in un connubio di melodie, elementi sinfonici e ritmiche pesanti, fattori diventati tipici della band.

Terminal“, l’album di cui stiamo per parlare, è il secondo full-length del gruppo, dopo il loro disco di debutto “A World Torn” del 2013, che li ha portati a girare in lungo e in largo il proprio Paese. Questo secondo lavoro l’ho trovato molto promettente sotto diversi aspetti per una band di questo genere: chiaramente sotto alcuni aspetti il sound sembra influenzato da gruppi come Dream Theater, Symphony X o Kamelot, ma sono anche stati in grado di espandere i propri orizzonti in diverse direzioni in maniera più personale, con tracce particolarmente rilevanti e mai banali, dalle melodie delle chitarre che si contrappongono e intrecciano a riff più pesanti ed arpeggi acustici, fino ad aggiungere elementi sinfonici raffinati, l’uso del pianoforte ed alcuni effetti elettronici che richiamano una dimensione futuristica. Il tutto accompagnato dall’altro biglietto vincente di quest’album, la maestosa voce di Lothar Keller, veramente particolare ed eccellente. Cinquantasei minuti di musica di grande qualità in cui è stato davvero piacevole immergermi, corredata testi molto ragionati.

L’album presenta anche due special guests alla voce, Kayla Dixon (Witch Mountain, Helion Prime) su “Terminal” e Paul Kuhr (Novembers Doom) su “The Last Refuge“.

La title track è sicuramente uno dei pezzi migliori, ci fa subito immergere in una dimensione fiorente dove i riff di chitarra si intrecciano con le tastiere, creando un’atmosfera davvero magica, che procedendo diviene sempre più complessa. Si passa poi a “Shelter in Place“, altro pezzo variegato di epicità e melodie e da un’ottima prestazione alla batteria di Mike Mousel. Un dolce arpeggio introduce la ballad “My Escape“, che ho apprezzato tantissimo per certe sensazioni di nostalgia in cui riesce a trasportarti; si accelera di nuovo con l’accattivante “The Definition of Insanity“, dai tratti un pò Thrash sia per i riff, sia per la voce di Keller, a volte più sporca e graffiante, ma senza mai dimenticare i complessi intrecci melodici che restano comunque alla base. Arriviamo dunque al vero capolavoro dell’album: “The Last Refuge” presenta tutti gli elementi migliori di cui la band può disporre, dal pianoforte che accompagna la voce pulita e melodica in netto contrasto con il growl, a tempi complessi e riff più pesanti. A mio avviso uno dei pezzi più carismatici che questo 2017 abbia potuto regalarmi, in grado di darti la giusta carica. Potrei dire che con questo brano mi hanno decisamente conquistato! “Free To Speak” è un altro episodio in cui le melodie dominano sempre di più, sempre però alternate a passaggi più pesanti. “Legacy” è un’altra piacevole ballad con l’uso del pianoforte e parti sinfoniche. L’album si chiude con altri due pezzi di grande effetto come il variopinto “The Fall of Aestoria“, con elementi metal melodici e progressive e la bellissima ed epica “Saving Grace“. Un album che, agli appassionati del genere, non deve assolutamente mancare in futuro!

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