Dopo una breve ed evocativa introduzione di fisarmonica e violoncello, già dalla prima traccia (Ancient Wings) i Delirium X Tremens partono subito con l’artiglieria pesante, per dar vita ad una vera e propria tempesta di neve dolomitica in pure stile blackened death.
In questo ultimo lavoro i nostri accentuano considerevolmente la presenza di orchestrazioni e strumenti tipici della tradizione musicale veneta, con la volontà di renderli parte integrante della loro proposta (The Voice of the River, Owl). A questo vengono accostati i canti degli alpini che ben si prestano ai momenti più catartici, solenni e malinconici che attraversano tutte le tracce. Inoltre i veneti si dimostrano molto abili nel tessere in un’unica trama le leggende bellunesi con la forza distruttrice del death metal tecnico e la rabbia grezza del black metal (Col di Lana, Mount of Blood).
Risulta azzeccata la scelta di alternare durante i pezzi il cantato in inglese con l’italiano/dialetto bellunese per sottolineare le parti più significative dal punto di vista emotivo (The Picture). Ne è un esempio l’introduzione recitata di The Dead of Stone, seguita da un coro solenne che a sua volta lascia spazio ad un mid tempo death e armonie mediorientali (perfette, considerando che il testo racconta dell’egittologo Girolamo Segato, inventore della Pietrificazione).
I temi dell’orrore, il dolore e le perdite portate dalle due guerre mondiali attraversano tutto il disco, ma trovano la loro massima espressione in Spettri della Steppa, che grazie al cantato completamente in italiano risulta ancora più struggente e coinvolgente. Speciale la cover di Song to Hall Up High dei Bathory, resa ancora più sognante ed epica grazie all’interpretazione vocale e dall’uso di strumenti tradizionali. Sembra quasi di trovarsi a cercare le incantate cime dei monti in un giorno di nebbia. L’unica traccia spoglia da ogni inflessione orchestrale o folk è When the Mountains Call the Storm. Quasi anthemica nel suo incedere, è un macigno che avanza inarrestabile sospinto da una bufera di neve contro il nemico.
Troi (sentiero in bellunese) risulta essere un lavoro molto omogeneo, granitico. In esso il death e il black si intrecciano alla perfezione con le sonorità e atmosfere tipiche della tradizione dolomitica.
In conclusione, questa ultima fatica è la perfetta colonna sonora per le malinconiche leggende e le tragiche storie di guerra vissute dalle genti tra le Dolomiti. E i Nostri si apprestano a narrarci questo epico e struggente racconto attorno al fuoco, infervorando e riscaldando gli animi mentre il vento infuria tra i boschi all’ombra delle cime innevate, dopo una giornada durada ben zinque ani a intassàr legni (Ombre nel Bosco).