I DEGREES OF TRUTH sono una band originaria di Milano nata lo scorso anno, avente come artefice il tastierista Gianluca Parnisani. L’album è stato registrato sempre nel 2015, durante il quale la band ha rilasciato un primo demo. Quest’autunno e inverno è programmato un tour di promozione dell’album stesso. Si tratta di un album diviso in 11 pezzi lunghi tra i 4 e gli 11 minuti, per una durata complessiva di 64 minuti. I suoni sono limpidi visto il genere symphonic, bilanciati a dovere anche se la voce è messa molto in primo piano rispetto agli strumenti che nelle parti strumentali danno però prova di tecnica raffinata. La componente che spicca di più rimane la voce, che non passa inosservata e va dal canto usuale per il genere a parti dove sfodera una maestria da soprano d’orchestra classica. Le ritmiche sono calme soprattutto a metà album, in mezzo a due parti in cui la componente metal fa da co-protagonista; inoltre varie code finali delle canzoni fungono da intro per le canzoni successive, creando un filo conduttore dell’album molto più fisico.
Tra le canzoni rilevanti:
- Finite Infinite: secondo pezzo. Contando anche l’intro Pattern si arriva a sei minuti e mezzo in cui la tastiera domina assieme alla voce. L’intro dura un minuto tondo ed è particolarmente minimale, per poi iniziare con pianoforte e voce che gradualmente carica aggiungendo altri effetti quali violini; poi entrano chitarra, basso e batteria a completare l’opera. Pausa, di nuovo riff e si arriva al ritornello in cui la cantante sfoggia una abilità canora notevole, inusuale nel genere metal. Si potrebbe considerarla quasi come pezzo centrale, con The Reins of Life (il pezzo di chiusura) in cui tutti i componenti sfoggiano un virtuosismo non indifferente.
- Subtle Borderline: sesta canzone. Questo è il pezzo strumentale dell’album, e anche se è di soli 4 minuti riescono a sfruttarli al meglio dando un virtuosismo dietro l’altro sfoderando, nel caso della tastiera, una varietà di suoni molto ampia. Si tratta di un pezzo particolarmente leggero con la componente progressive e symphonic preponderante, mentre di metal non ha quasi niente. Ciò non toglie il fatto che sia estremamente gradevole a un’ampissima gamma di timpani.
- Deep Six: decimo pezzo dell’album. Non è la prima volta che si aggiunge alla canzone un discorso tratto da un film o da un telegiornale, ma nel symphonic non è da tutti i giorni aggiungere il memoriale dei dieci anni dall’attentato dell’11 settembre, che dà qualche punto in più alla canzone.
Si può riassumere come un album leggero e tecnico, ben variegato e melodico. Unire symphonic e progressive non è l’opera più ardua concepibile nel campo della musica, ma dobbiamo dare a Cesare ciò che è di Cesare: è un signor album per il suo genere; completo, coinvolgente, caloroso dall’inizio alla epica conclusione.