Arrivati a cinque anni dalla loro fondazione, i Deadspace continuano l’ascesa che li sta portando a ottenere buoni risultati con un ritmo pacato ma stabile, e questa volta spetta a “Dirge” il compito di soddisfare gli ascoltatori. In questo lustro la formazione australiana non è mai stata con le mani in mano, quello in questione è il quarto album della loro carriera (senza considerare EP e materiale vario) e la curiosità è molta anche per la rapidità con cui le produzioni dei Nostri si stanno succedendo.
Lo stile seguito si concentra su un Black Metal che dà molta importanza ad aggiunte atmosferiche, dipingendo uno scenario malinconico e cupo, con un lavoro che segna una continua evoluzione dai precedenti anche sotto questo punto di vista, in quanto pur essendo il genere proposto ormai estraneo all’innovazione radicale, si sente la maturazione tra i vari lavori, ognuno diverso dall’altro pur seguendo sempre la stessa strada.
Nel Depressive Black Metal (per quanto sia riduttivo classificare un gruppo del genere solo con questo termine, viste le varie influenze), è molto importante l’espressività, e l’incipit con l’intro “Divinity“, seguita da “Rapture“, riesce nell’intento di esporre una buona dose di intensità. Si nota subito come a tratti l’approccio di questa produzione sia abbastanza diretto, con gli inserti atmosferici che sono comunque presenti e legati nella maggior parte dei casi alla figura del tastierista John Pescod, al debutto con la band, e permettono di trovare un buon equilibrio tra composizioni più melodiche e altre vicine, solo a tratti, al Black Metal puro, penalizzato solo da un mixing a tratti non gestito al meglio. Questo contrasto si può sentire facilmente confrontando la title-track con la seguente “Indoctrination“. La prima trasmette inquietudine, con lo scream straziante di Chris Gebauer che accentua la sensazione di tormento che si prova, mentre la seconda ha un approccio molto più irruento.
Dopo l’intermezzo “Graveflower“, passiamo alla seconda metà del disco, che si dimostra fin da subito più varia dei primi pezzi. Grazie a “The Malevolence I’ve Born Unto Others” si riesce a percepire immediatamente l’aggiunta di ulteriori elementi melodici, grazie specialmente all’intreccio tra chitarre e tastiere. “Hypnogogia” mantiene le melodie e si concentra su ritmi lenti e cadenzati, dimostrandosi il brano più vicino al Depressive Black tradizionale visto anche l’intervento di elementi tipici del genere, come le parti vocali in parlato. Infine, la lunga “O Sancta Simplicitas” segue per stile la composizione precedente, mostrando però in certi passaggi una vena più violenta.
Portando avanti la loro crescita, i Deadspace riescono a fare buona impressione anche con questo “Dirge”, un buon prosieguo dei dischi già rilasciati in passato e una conferma della loro maturazione. I piccoli difetti che si possono percepire, come il mixing non ottimale che talvolta porta a un sound impastato, non vanno a gravare particolarmente sul giudizio finale dell’album, il quale non può che essere positivo.
Se siete degli ascoltatori del Black Metal intriso da atmosfere decadenti e malinconiche questa produzione fa sicuramente al caso vostro.