Gli anni d’oro del Thrash Metal ormai son passati, questa ormai è una cosa ben nota, ma ultimamente non son mancati i dischi che hanno smentito ciò, facendo risalire in cattedra un genere che prima stava ingiustamente passando in disparte.
E ciò che offrono i brasiliani Corpsia è senza dubbio un disco che ripete ancora come questo genere non sia affatto morto: pur non essendo innovativo, cosa ormai difficile, porta quella grinta e quella cattiveria necessarie per convincere l’ascoltatore.
L’album è il debutto per questo giovane terzetto brasiliano, attivo dal 2012 nella scenda underground brasiliana, nella quale ha ottenuto un discreto seguito, aprendo a gruppi quali Nervosa e Torture Squad.
L’opening track è “Purgatory Scum“, che dopo un inizio in acustico si trasforma in un brano che indirizza nella strada del disco, riff veloci di chitarra vengono seguiti da un basso prorompente e una batteria precisa e sempre sul pezzo.
Fattore degno di nota è certamente quello riguardante la qualità di registrazione, tutti gli strumenti sono giustamente equilibrati nonostante sia un debutto e sia autoprodotto.
I brani seguono tutti la stessa linea, senza influenze continue o sperimentazioni, rimanendo comunque di buon livello senza alti e bassi.
Tra i brani migliori consiglio la veloce e diretta “Violence“, che presenta netti rimandi a gruppi del calibro di Slayer e gli ultimi Sodom, la seguente “Holochrist” nella quale colpisce il grande spazio dedicato alle parti strumentali e all’alternarsi di riff originali e ben collegati tra loro e la breve “The Rite“.
Per essere un debutto, i Corpsia hanno fatto un buon lavoro, facendo notare l’inesperienza com’era supponibile prima ancora di ascoltare il lavoro.
“Genocides in the Name of God” è consigliato a tutti gli ascoltatori del Thrash Metal nudo e crudo, non di qualche band mirata ma del genere in generale, in quanto le poche influenze che ci sono appaiono in pochi pezzi e non in tutta la continuità del disco.
CORPSIA – Genocides in the Name of God
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