“Franckensteina Strataemontanus” è il nuovo album dei Carach Angren, in uscita il 26 giugno via Season of Mist.
Inizialmente, la release era prevista per il 29 maggio, ma è stata posticipata a causa del Covid-19, il quale, secondo il frontman Seregor, “ha frenato ogni forma di lavoro e di arte”.
Già a partire dai singoli rilasciati negli scorsi mesi era emerso il sound che avrebbe caratterizzato l’intero lavoro. In un’intervista rilasciata qui su MetalPit (disponibile a questo link), Seregor stesso ci ha illustrati come è nato il nuovo concept: un incubo dello storico tastierista Ardek, quasi a mo’ di epifania, ha gettato le basi del disco. I Carach, che hanno reso dell’orrore il loro forte, hanno spostato ancor di più il loro approccio su temi horror, questa volta ispirandosi all’originale storia di Frankenstein scritta da Johan Conrad Dippel nel 1673. Il procedimento artistico che ha portato gli olandesi a riscrivere questo tema, ormai classico e noto ai più, è la dimostrazione che la band sa come muoversi, ben conscia dei meccanismi intrinseci del metal moderno.
Musicalmente, nel lavoro sono presenti numerosi elementi “industrial”, non lontani dai Rammstein e Marilyn Manson – somiglianti quasi a rumori di macchinari pesanti – che sono frutto del recente progetto da solista di Ardek. Nonostante all’inizio del processo creativo questi elementi sembrassero fuorvianti o atipici per il gruppo, alla fine si è riusciti a renderli parte integrante del disco, quasi ad amplificare la dimensione raccapricciante e drammatica che i Carach trasmettono ormai da tempo. Attraverso gli anni, si può ammettere che i Nostri siano diventati un gruppo “differente” rispetto a quello degli inizi, su svariati livelli. Quest’album si basa su un sound ancora più impattante, martellante, incisivo. L’ispirazione del gruppo al black metal è piuttosto lampante, ma ormai neanche più loro stessi si considerano tali. Parliamoci chiaro, rilasciare un altro “Lammendam” avrebbe potuto supporre il declino della band. Esplorare nuovi territori, come in questo caso, è una scelta oculata. È chiaro che i Carach Angren sono ben lontani da quello che era il black di una volta, così come sono lontani dal black underground contemporaneo (che, tra l’altro, trova terreno fertile anche e soprattutto nei Paesi Bassi) ed è per questo che hanno deciso di “abbandonare” la mera etichetta black metal.
Questo un estratto dalla suddetta intervista a Seregor:
Non mi piacevano i suoni acuti rispetto a quelli gravi del death metal, quindi ero certo che il black non era proprio la mia tazza di sangue […] Verso la fine degli anni novanta, i nuovi gruppi black metal che usavano i sintetizzatori (Emperor, Cradle of Filth, Limbonic Art, Dimmu Borgir ecc.) mi convinsero appieno, perché capii che questa scena aveva ancora più possibilità del death. […] Siamo grati a questa scena per averci indicato la nostra vera strada. Nel momento in cui abbiamo capito il significato della parola “true” in Scandinavia, certi ci consideravano grandi musicisti, altri ci prendevano per profanatori della loro religione quando abbiamo osato con i sintetizzatori. […] In sostanza, è giusto affermare che i Carach Angren non saranno mai parte di come il black metal si è originato, ed è per questo che abbiamo cambiato l’etichetta a “horror metal”; anche dal nostro punto di vista sembrava più “onesto”. Tuttavia, continuo a considerarci come un gruppo black metal, o piuttosto, come un ibrido ispirato a sua volta da un ibrido…
Lo “storytelling” accompagnato da musica macabra e inquietante (seppur ben strutturata) è il leitmotiv dei Carach, i quali non sarebbero gli stessi se una di queste componenti dovesse venire meno. Ancora una volta. I Nostri sono riusciti ad evocare immagini vivide grazie alla loro capacità di narrazione. Nonostante, tecnicamente parlando, l’approccio che ha portato alla creazione del nuovo dico sia pressoché identico ai precedenti, l’obiettivo primario dei Carach Angren era esprimere qualità ma senza risultare monotoni:
Trattiamo dell’orrore in molteplici forme, perché cercare di dover necessariamente collegare ogni nostro nuovo concetto al tema “fantasmi” non avrebbe dato i giusti frutti. Quindi abbiamo deciso di smettere di aderire all’etichetta “spettrale” che noi stessi ci eravamo dati”.
Dopo più di dieci anni di attività, i Carach Angren sono diventati i maestri dell’horror metal sinfonico. Sono riusciti a costruirsi una forte personalità grazie al carisma dei singoli membri (che adesso sono solo due, dopo l’addio del batterista Namtar) e al loro modo di incidere sugli ascoltatori. Ascoltare “Franckensteina Strataemontanus” è come navigare, di canzone in canzone, in un mare in tempesta con l’imminente sensazione di affondare. Tra le tracce che spiccano come momenti chiave del lavoro vanno menzionate: “Sewn For Solitude”, drammatica e barocca, ma al contempo aggressiva e malinconica, in cui Seregor gioca sul dualismo distorto/pulito in maniera affascinante, e “Like a Conscious Parasite I Roam”, che enfatizza i ritornelli e lo struggente finale strumentale. Tra gli altri pezzi degni di nota troviamo “Scourged Ghoul Undead”, “The Necromancer”, “Der Vampir Von Nürnberg” e “Skull With A Forked Tongue”, ciascuno dei quali presenta elementi degni di nota. Insomma, con “Franckensteina Strataemontanus”, i Carach Angren ci consegnano un album ricco e variegato. Stavolta, il concept è stato elevato verso nuove vette attraverso una serie di storie parallele che si riuniscono sotto un unico tetto, come se fossero “cucite” tra di loro. Quest’album rappresenta appieno l’essenza dei Carach, e potrebbe essere il lavoro che meglio definisce la loro carriera.