Quello delle Burning Witches è uno degli album più curiosi di questo 2018. Cinque ragazze provenienti dalla Svizzera che seguono la scia dell’Heavy Metal tradizionale old school, in contrasto con la scelta di molte altre metal ladies che si dedicano invece ad altri sottogeneri come il Symphonic o il Death Metal. Le Burning Witches ripropongono le sonorità pesanti di punta degli anni ’80, soprattutto Heavy ma anche con qualcosa di Thrash: amanti del metallo classico e tradizionale, oggi qualcosa di davvero raro, soprattutto dopo lo scioglimento delle Crucified Barbara.
Ma il gruppo composto dalla graffiante e allo stesso tempo acuta voce di Seraina Telli, Lala Frischknecth alla batteria, Jeanine Grob al basso e Romana Kalkuhl alla chitarra, dopo un album d’esordio davvero buono, ripropongono un secondo lavoro tramite Nuclear Blast, questo “Hexenhammer“, con un piccolo cambio di formazione: al posto di Alea Wyss alla chitarra subentra la giovanissima Sonia Nusselder, già bassista anche nel gruppo death olandese Sepiroth e autrice di riff formidabili che hanno contribuito in maniera efficace a migliorare determinati aspetti del sound delle Burning Witches. Complice anche una produzione guidata da Schmier dei Destruction, il risultato è molto brillante: “Hexenhammer” presenta da un lato dei brani molto diretti, impattanti, graffianti e assolutamente emozionanti per gli amanti dell’Heavy Metal classico, dall’altro lato possiamo pensare invece che siano influenzate molto, forse anche fin troppo da artisti come Doro Pesch e i Warlock, Accept, Anvil, Manowar e soprattutto Judas Priest e Ronnie James Dio (per un’attimo ho quasi pensato che fossero le figlie illegittime!). Questo può aver fatto storcere il naso a qualcuno che avrebbe preteso più personalità nelle composizioni da queste affascinanti ragazze, dal look impattante con abiti neri in pelle e borchie tipici del periodo ottantiano: beh, da un certo punto di vista le influenze sono palesi, eppure il risultato è assolutamente positivo e davvero convincente, con un songwriting che rispetto al primo album ha fatto un bel balzo di qualità, con brani che restano davvero impressi e che vien voglia di cantare.
Per quanto mi riguarda è impossibile annoiarsi ascoltando i loro brani. L’album parte con un pezzo davvero potente e aggressivo, “Executed“, con cavalcate davvero feroci ma con un ritornello forse troppo ripetitivo e che tende un po’ a perdersi, ma fortunatamente le ragazze riescono a fare decisamente meglio con “Lords of War“, il cui sound e vocalizzi risultano meglio definiti. “Open Your Mind” gioca bene sulle cavalcate e sui riff corposi e le suggestive vocalità della Telli, che varia dagli acuti a parti decisamente più ruvide. “Don’t Cry My Tears” è il brano più fuori dagli schemi di tutto il disco, una super ballatona, in grado di convincere i più sentimentali e riproposta anche in versione acustica in conclusione all’album. “Maiden of Steel” è ultra convincente per la sua epicità, ma mi fa sorgere un dubbio: care Streghe, siete per caso folli amanti dei Manowar? Perché forse i richiami a “Battle Hymn” in questo pezzo sono molteplici, a cominciare dai cori pressoché identici. La grinta delle Streghe Bruciate prosegue con “Dead Enter“, ma soprattutto con la title track, il brano che più mi ha entusiasmato, e di cui possiamo ammirare il video su YouTube: potente, graffiante, epico, che crea una certo mood accattivante e una certa suspense. “Possession” e “Maneater” sono altri due brani dal groove veloce e aggressivo. Concludiamo con una buona cover di “Holy Diver” di Dio e una discreta bonus track, “Self- Sacrifice”.
In sostanza, con “Hexenhammer” ci troviamo davanti a un lavoro molto ben curato, suonato egregiamente, e da amante della vecchia scuola non posso fare altro che apprezzare. Sarebbe molto interessante vedere come suonerà dal vivo, sperando di averne occasione. Vi aspettiamo in Italia!