Con i Burn The Priest ci troviamo di fronte ad un avvenimento particolare e forse vagamente toccante, in quanto questo fu in principio il nome di una band che, quasi una trentina di anni fa, ha iniziato la propria carriera a Richmond (Virginia) per poi divenire una delle band più famose del Metal: i Lamb of God. Ed ecco che in occasione del ventesimo anniversario dell’uscita del loro primo album risalente al 1998 e pubblicato proprio con il nome Burn The Priest (che poi è anche il titolo dell’album stesso), la band statunitense dà vita ad un side-project riprendendo il nome originario e pubblicando un album di cover, intitolato “Legion: XX”.
Un’idea decisamente apprezzabile per tutti coloro dall’animo sentimentale, seppur “metal as fuck”; trattasi di un album che raccoglie cover di brani i quali hanno influenzato ed ispirato la band soprattutto nel primo periodo cambiando la vita dei suoi componenti, un progetto per la cui realizzazione la band ha virato in una direzione sostanzialmente differente dal proprio genere di base. Tali brani sono infatti appartenenti a generi quali Hardcore, Punk e Crossover; lo scopo principale dell’album è raccontare un po’ quella che è la storia del gruppo e di come è nato, di come si è evoluto ed anche grazie a cosa, oltre che, naturalmente, ringraziare e tributare quei gruppi che hanno “acceso” il fuoco della band ed hanno contribuito a renderla ciò che è oggi.
Senza dubbio si nota il sentimento con il quale l’intero progetto è stato concepito ed anche con cui sono state realizzate le cover, l’impronta Burn The Priest si riconosce sebbene non si discostino affatto dai pezzi originali – tranne per alcuni piccoli dettagli come, ad esempio, in “Bad Brains” che risulta essere leggermente più melodica rispetto al brano originale -, è riconoscibile il “tocco” e si sentono l’impegno e la passione dei componenti. Trovo che i brani di apertura e di chiusura siano stati scelti ad hoc: l’album inizia con il brano “Inherit The Earth” (la canzone originale è dei The Accused, band Splatter Rock americana) un esordio davvero detonante ed intenso, che presenta chiaramente il mood della band durante la realizzazione di questo progetto oltre a dare un’idea di quale concime abbia alimentato la loro arte. Allo stesso modo, a mio parere, “We Gotta Know” (canzone originale appartenente ai Cro-Mags, band Hardcore Punk americana) costituisce un’ottima scelta come chiusura in quanto raccoglie l’energia e l’entusiasmo del pezzo iniziale, incanalandoli però in sonorità e cadenze più cupe, che mantengono accesa l’esaltazione nell’ascoltatore grazie ai riff aggressivi, ma che allo stesso tempo articolano quello che sembra essere un saluto, un “arrivederci”, nei suoi confronti.
Nonostante lo scetticismo che possa essere rivolto ad un lavoro simile (e così è stato), bisogna ammettere che i Burn The Priest hanno dimostrato come una raccolta di “semplici cover” possa in realtà essere un emblema rappresentativo ben realizzato del background musicale di una manciata di esseri umani che sono riusciti ad incidere il proprio nome nella storia del Metal.