BULLET FOR MY VALENTINE – Gravity

by Giuseppe Turchi

Forse potevamo aspettarcelo. Già dall’uscita del singolo “I Don’t Need You” lo scorso 6 novembre 2016, i Bullet For My Valentine (d’ora in avanti BFMV) avevano manifestato l’intenzione di inserire le tastiere nei loro pezzi. Dico potevamo, e non dovevamo, perché all’epoca il brano manteneva, almeno nelle strofe, quel sapore thrashy a cui il pubblico era stato abituato negli anni. La componente elettronica fungeva ancora da supporto sperimentale per una base ritmica collaudata, il che non lasciava presagire una rivoluzione di stile così marcata come quella proposta in “Gravity“, sesto album del quartetto britannico, uscito il 29 giugno 2018 per Spinefarm Records.

Diciamocelo, i BFMV hanno avuto da sempre la sfortuna di saper accontentare tutti e nessuno. Laddove i metallari più crudi potevano trovare soddisfazione nelle strofe e negli assoli, gli animi meno estremi godevano proprio di quei ritornelli catchy e supermelodici che sono costati al gruppo innumerevoli critiche. Con “Gravity”, Matt Tuck e soci optano in toto per la seconda via, enfatizzando le sfumature emo/anthemiche dei ritornelli per poi contornarle di una matrice Alternative/Metalcore molto semplificata. I motivi di questa scelta li apprendiamo in un’intervista che il frontman ha rilasciato per Loud TV. Qui il cantante ci racconta di come il livello tecnico delle partiture sia stato abbassato di proposito per creare un sound più pieno, armonioso e coinvolgete. Un sound che, nella sua semplicità, obbliga i musicisti a una performance perfetta, poiché le imprecisioni non possono essere coperte né dai ritmi frenetici, né dal volume delle distorsioni. Tuck, inoltre, ci fa sapere che proprio la scelta di cambiare genere è il segnale che i BFMV hanno raggiunto la loro maturità, la quale consiste nello sperimentare secondo i propri criteri e non secondo ciò che il pubblico si aspetta di ascoltare. Se il primo aspetto ha un fondo di verità, non mi trovo d’accordo sul secondo, e i motivi li andremo a esaminare assieme.

Cominciamo ad andare più nello specifico chiedendoci innanzitutto: che cos’è “Gravity”? I più maliziosi potrebbero rispondere “Il nuovo album dei Bring Me The Horizon”, e non avrebbero nemmeno tutti i torti. Al netto di una maggior pesantezza nelle chitarre dei BFMV, i due gruppi sono adesso accomunati dal ricorso alle già citate tastiere le quali, per esprimersi, richiedono un accompagnamento che prediliga accordi massicci e brevi rullate sulle note più gravi, possibilmente in palm mute. Gli assoli spariscono in funzione di riff melodici essenziali la cui forza espressiva viene delegata all’effettistica. La batteria, non potendo più dettare ritmi travolgenti da headbanging, si raffina e alleggerisce il tocco. Compaiono infine i classici coretti che ormai sono un marchio di fabbrica dell’Alternative, in qualunque forma lo si intenda.

Passando alle singole tracce, l’opener “Leap of Faith” ci carica di aspettative con le sue strofe in crescendo, ma poi perde pressione con un ritornello terribilmente scontato. Stessa cosa si può dire per il singolo “Over It“, il quale però vanta un main riff studiato in maniera eccezionale e un testo passivo-aggressivo che piacerà agli amanti della frangetta. In “Letting You Go” cominciamo a notare influenze diverse: da un lato un intro che sembra condensare ultimi Linkin Park e la sigla del telefilm Doctor House, dall’altro un ritornello che, personalmente, mi ricorda tantissimo i Nickelback. “Not Dead Yet” vuole essere la classica canzone motivazionale sulla falsa riga dei 30 Seconds To Mars di “This Is War”, un brano che certamente inciterà il pubblico a sgolarsi, mentre “The Very Last Time” è una ballad che, sia per contenuti che per arrangiamenti, ci riporta ancora nei lidi dei Linkin Park più elettronici. Nel complesso risulta una canzone piacevole che dice basta all’autosacrificio e alla sottomissione. “Under Again” è il pezzo che forse più di tutti ci strappa un sorriso, essendo una nenia adolescenziale che rinchiude in sè l’essenza stessa dell’Emo, ritornello strozzato – e dannatamente catchy – incluso.

È verso la fine dell’album però che i BFMV ci regalano i momenti, a mio avviso, di maggior rilievo. La titletrack “Gravity“, anch’essa ricca di elementi Emo, è studiata apposta per far saltare il pubblico tra effetti di scena e ritornelli anthemici, un po’ come “Avalanche” dei Bring Me The Horizon, per intenderci. Il vecchio singolo “Don’t Need You” è il pezzo più spedito del lotto, l’esempio di come avrebbe potuto essere il giusto compromesso tra passato e futuro. Nulla di eccezionale, sia chiaro, ma si tratta degli unici minuti dove si riesce ad apprezzare un minimo di tecnica alle chitarre. Conclude il disco “Breathe Underwater“, un pezzo acustico dall’indole struggente che si lascia ben volere dagli spiriti malinconici e da chi magari ha bisogno di un pretesto per riprendere in mano la propria chitarra.

Cercando di rispondere alla domanda “Che cos’è Gravity?”, posso dire che sarà un album controverso che difficilmente piacerà ai nostalgici di “The Poison”. Un album ben prodotto, con un’ottima cura del suono e delle armonie, ridondante dei testi e nei chorus. Ha ragione Tuck quando afferma che la semplificazione tecnica ha permesso di confezionare un’atmosfera più avvolgente dove l’interpretazione vocale non ha margini di errore. Non sono d’accordo invece sul movente che ha portato a questo cambio di stile. È mia convinzione infatti che i BFMV non abbiano composto la musica in barba a ciò che il pubblico voleva sentire, ma bensì l’esatto contrario. Per quanto sia giusto e sacrosanto cercare di evolvere, la mossa dei Nostri sembra più uno stratagemma studiato ad hoc per catturare una fetta di pubblico più remunerativa. L’impressione, infatti, è che “Gravity” si sia accodato al trend dei Bring Me The Horizon e affini per aumentare iscritti e view sui social. Mi dispiace inoltre ammettere che, in questo senso, l’ultima fatica dei BFMV non sembra aggiungere nulla di nuovo al calderone Alternative Metalcore. Sarà interessante vedere che piega prenderà il gruppo nel prossimo futuro.

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