I Bullet son un gruppo svedese attivo dal 2001 e con all’attivo un EP e sei album, compreso quest’ultimo “Dust to Gold“, pubblicato lo scorso aprile a distanza di quattro anni da “Storm of Blades”. Il genere che suonano è a cavallo tra hard rock ed heavy metal e fa rimbalzare indietro agli anni ’80: per intenderci, è una via di mezzo tra Saxon, Iron Maiden (vagamente), Judas Priest e Accept. L’album scorre liscio e uniforme, forse anche troppo, ma compensa la grinta dei pezzi tra riff a ritmo sostenuto e assoli orecchiabili che ogni tanto fanno capolino dalle chitarre onnipresenti, in equilibrio con la voce che ricorda gli AC/DC come attitudine. Lo stile è abbastanza grezzo per far sì che la batteria mostri tutta la sua importanza, mentre il basso è abbastanza di base. L’album è composto da dodici pezzi con una lunghezza che va dai due minuti e mezzo ai cinque abbondanti, per una lunghezza complessiva di 39 minuti.
Tra le canzoni rilevanti:
- “Wildfire“: settima canzone. In questo pezzo si percepisce di più la componente rock del gruppo, sullo stile dei già citati AC/DC, se non fosse che sia basso che chitarra sono più veloci e tecnici degli australiani.
- “Hollow Grounds“: undicesimo brano dell’album. Uno dei pezzi più vivaci del lavoro, con riff in continuo caricamento fino al ritornello potente. Il lungo ritornello sul finale completa il quadro di un pezzo senza pause né incertezze.
Rispetto agli altri album non ci sono state variazioni sostanziali nello stile e nel genere, che è rimasto pressochè costante nella sua composizione hard rock/heavy metal. Non si percepisce tuttavia la stessa energia dei primi album, e la vivacità sembra meno sincera. Rimane comunque un buon disco per i nostalgici o comunque gli appassionati di quel rock che si avvicina a compiere quattro decadi.