Tracy Lauren Marrow, rapper meglio noto come Ice-T, vanta di un’importante discografia sia in ambito rap che in quello metal. Nel 1992, spinto dalla sua passione per quest’ultimo genere ma volendo conservare le proprie radici, decise di fondare insieme al chitarrista e amico Ernie C uno dei primi gruppi crossover rap metal afroamericano: i Body Count.
Dopo tre anni dall’ultimo “Bloodlust” il gruppo di Los Angeles torna feroce e combattivo con “Carnivore”, ostile contro le ingiustizie che ancora oggi negli USA perseguitano in maniera totalmente inaccettabile le numerose etnie, native e non, presenti in tutta la nazione.
L’album azzanna immediatamente con la title-track, che dopo un’intro-suspance scoppia in riff di chitarra aggressivi e cori altrettanto consistenti.
“Point The Finger” vede il primo ospite del disco, Riley Gale (Power Trip), aggiungere ulteriore rabbia alla causa dei Nostri contro la violenza delle forze dell’ordine. Molto apprezzabile la presenza di alcuni colpi di arma da fuoco nella sezione ritmica, in puro stile gangsta rap, che marcano in maniera convincente l’unione dei due generi portanti della band.
“Bum-Rush” ha tutte le carte in regola per diventare una hit del gruppo. Le ritmiche di Dave Lombardo (Slayer) alla batteria, i giri di chitarra e le linee di basso heavy rendono il brano una live song che non deve assolutamente mancare nelle scalette di cui tutti noi non aspettiamo altro che urlarne a perdifiato i cori sotto palco.
Godibile l’omaggio al defunto ma eterno Lemmy Kilmister con “Ace Of Spades” dato che, come spiega T, i Motorhead sono stati di grande ispirazione per i Body Count, anche se forse sarebbe stato più interessante sentire una cover diversa data la vastissima discografia della storica band inglese.
La sinistra “Another Level” porta la comparsa maligna di Jamey Jasta (Hatebreed) evidenziando lo stile hardcore tipico della sua band anche se proposto qui più lentamente ma non per questo meno incisivo.
“Colors – 2020” è la rivisitazione dello storico singolo solista dell’ Ice-T rapper in cui le vite difficili delle minoranze e le “gang war”, purtroppo vergognosamente ancora presenti, sono gli argomenti trattati. Il brano portò successo al mondo dell’hip-hop nel 1988 e risentirlo oggi proposto in chiave metal fa indubbiamente sorridere. Ci sta tutto.
“No Remorse” è letteralmente introdotta da una vera e propria sciabolata che apre una serie di riff pesanti quanto funzionali, ben strutturati da Ernie C che accompagnano il canto accusatorio di Ice-T.
Con l’incantevole partecipazione di Amy Lee (Evanescence), “When I’m Gone” è una drammatica dedica al rapper e amico Nipsey Hussle, ucciso durante un’imboscata tesa da bande rivali.
La band di Los Angeles torna a spingere l’acceleratore con “Thee Critical Beatdown” e soprattutto “The Hate Is Real”, che con un furioso rap metal old school (che talvolta strizza l’occhio al thrash slayeriano) chiudono in bellezza un album intimidatorio e compatto. Chiusura che arriva per davvero dopo la bonus track “6 In Tha Morning – 2020”, altra ben riuscita metal-cover del singolo estratto dalla discografia del rapper.
Dopo 30 anni di attività e nonostante il raggiungimento dei 62 anni di Ice-T, i Body Count non vogliono assolutamente mollare l’osso. Con “Carnivore” la band si fa apprezzare da un pubblico sempre più vasto. Rap, heavy, thrash, hardcore ed alternative: gli elementi proposti in questo settimo studio album renderà difficile storcere il naso anche ai più vanitosi cosiddetti “true metalhead”. Perchè qui, amici miei, di verità ce n’è eccome.