Gli Attila sono una band americana di Atlanta nata nel 2005, che ha sfornato sette album, compreso questo “Chaos” che andremo ora a analizzare. È uno strano miscuglio di metalcore con suoni techno e in alcuni punti ritmiche da nu metal, alternate da parti in puro stile rap; il tutto con parti melodiose e riff pesanti semplici e ritmati tipici del djent. L’inizio dell’album è un po’ disorientante per chi è estraneo al genere, ma proseguendo si può apprezzare al meglio la cattiveria degli Attila, il tutto in 38:11 minuti fluidi e costanti nella pesantezza dei suoni, spartito in 11 canzoni, tutte della durata intorno ai 3 minuti e mezzo. I suoni sono puliti e spaziano tra svariati generi come accennato prima. La batteria è lievemente in secondo piano, il basso distorto tipico del metalcore che si percepisce in alcuni punti, le chitarre che passano agevolmente da una distorsione all’altra, la voce sperimenta tra pulito, roco, scream, growl e il synth si rivela il coprotagonista del cantante dando una varietà di effetti e suoni fuori dal comune.
Tra le canzoni rilevanti:
- Moshpit: quinto pezzo dell’album. In questo pezzo si sono avvalsi di Ookay come producer, dando una valenza particolarmente alta al synth, accompagnato dalla voce che dà sfoggio di una parlantina sciolta durante i riff tipica del rap (non al livello di Eminem, ma non manca molto). 3:30 minuti tondi che potrebbero mettere d’accordo fan di core e rap.
- Legend: ottava canzone. Intro metalcore leggero, voce pulita che rende soprattutto nel ritornello, mentre nei riff si percepisce di più la componente nu metal, “corretta” dai suoni delle tastiere, mentre il breve assolo è da classico heavy metal.
Rispetto agli album precedenti gli Attila hanno allargato la gamma di suoni usati, soprattutto tra quelli usati principalmente in techno e dubstep, e ridotto le parti in growl, conservando le ritmiche da core. Per certi versi si possono considerare la risposta americana ai Crossfaith. A voi la scelta di chi sia il miglior gruppo.