Gli Árstíðir sono emersi dalla scena islandese nel 2008 con il primo lavoro omonimo, nel quale i tre fondatori univano già le loro varie influenze di provenienza per creare un sound unico. È in effetti molto complicato definire il gruppo entro un solo genere, in quanto spaziano dal folk al soft rock con accenni pop; il tutto accompagnato da splendide armonie vocali che danno quindi vita ad un ascolto leggero ma tutt’altro che banale. I nostri annoverano inoltre nella loro carriera la vincita del premio Eisener Eversteiner European Folk Music Award e una collaborazione nel 2016 con Anneke Van Giesbergen. “Nivalis” (neve in islandese) è il loro quarto album in studio.
La cosa che più di tutte colpisce di questo meraviglioso disco sono le sensazioni e le emozioni che le tredici canzoni riescono a suscitare nell’ascoltatore: sebbene sia la malinconia a preponderare durante l’ascolto, altri sentimenti la accompagnano mano nella mano. Il prodotto finale, infatti, regala un’atmosfera sognante e soave. Di spicco è la cura delle sezioni ritmiche, che per la prima volta hanno un ruolo più evidente all’interno della discografia della compagine, oltre che la sempre ben studiata sezione d’archi che aggiunge ancora più effetto alle canzoni, aumentando o introducendo a loro piacimento ciò che vuole essere trasmesso all’ascoltatore.
Fedeli al titolo dell’album, leggere come una nevicata, di cui conservano anche il calore di un ambiente familiare da cui osservarla, sono “Like Snow“e “Wasting Time“, seppur molto differenti fra loro. La prima, leggiadra all’inizio, sale appena grazie alla batteria nella sezione centrale, ma non perde questa sua caratteristica. La seconda invece è appena più grave, aiutata da interessanti parti di tastiera che accompagnano la voce morbida di Daniel Auðunsson. Decisamente più pop è la triade “Lover“, “Entangled” e “In The Wake Of You“, caratterizzate da ritmi più orecchiabili ma non per questo di minore qualità. Tutte e tre le canzoni custodiscono note di leggerezza e dolcezza, probabilmente aiutate anche da testi malinconici che però conservano anche una punta di speranza e positività. Musicalmente, sono molto diverse tra loro: “Lover” ha splendide parti di tastiera, violini e basso, oltre che alle caratteristiche armonie vocali, che la rendono una piccola perla di pop raffinato. “Entangled“, al contrario, si evidenzia per suoni e ritmi più delicati, in cui tutti gli elementi già elencati sono bilanciati perfettamente fra loro. Infine, “In The Wake Of You” riesce a prendere il meglio delle sue “sorelle”, risultando comunque originale nel suo piccolo. “Þar Sen Enginn Fer“, l’unica canzone in islandese dell’album, richiama nell’atmosfera gli Opeth (periodo “Damnation”).
“Órói” spezza l’album come unico brano strumentale, in un panorama che diventa man mano sempre più aperto e speranzoso con tastiere, pianoforte e violini che si fondono insieme. Echi di tristezza invece accompagnano “While This Way“, “Please Help Me“, “Circus“, “Mute“, “Conviction“e “Passion“: la leggerezza comunque le accompagna, sgravando notevolmente l’ascolto e rendendolo scorrevole. La formula musicale rimane pressoché la stessa, senza però diventare noiosa.
Considerando l’intera discografia dei nostri, “Nivalis” è decisamente un momento più brillante e quasi sperimentale, unendo ciò che loro sono sempre stati con qualche scommessa decisamente vinta in più. Come ogni album degli Árstíðir che si rispetti, le emozioni sono messe sullo stesso piano della musica, e in quest’ultimo lavoro sorprende la presenza di una vena di speranza che alleggerisce il tutto, rendendolo possibilmente ancora più prezioso.