A tre anni dall’ultimo “Sunset on the Golden Age” è ora di accogliere la nuova fatica degli Alestorm, la quale si aggiunge ai numerosi dischi rilasciati e degni di nota di questo 2017.
La produzione è la prima dopo l’esodo di Daniel Evans, chitarrista e membro originario della band, presente nella formazione degli scozzesi fin da quando erano conosciuti come Battleheart, sostituito dall’ungherese Máté Bodor.
La ciurma capitanata da Christopher Bowes finora ci ha abituato ad un Folk Metal dove risalta l’accoppiata inusuale alle tastiere composta dallo stesso Bowes e Elliot Vernon, che talvolta fa passare in secondo piano il lavoro della chitarra, della quale non bisogna comunque sottovalutare il bagaglio tecnico a disposizione.
Inoltre, fattore ben più noto, il songwriting delle composizioni è concentrato su storie piratesche, da qui l’appellativo di Pirate Metal.
Il disco (quinto registrato per Napalm Records, etichetta stabile del gruppo dal cambio di nome) contiene nella prima metà le canzoni più rappresentative e valide del complesso, quali “Mexico“, “Bar und Imbiss” e la lunga “To the End of the World“, dai ritmi coinvolgenti e orecchiabili, anch’essi tipici del quintetto.
In “Alestorm” la band sperimenta sonorità più pesanti senza allontanarsi troppo da ciò che ci si può aspettare da loro. Il risultato? un brano molto valido e convincente, del quale si può vedere il video a questo link.
Lo spirito goliardico del gruppo si espone totalmente in “Fucked with an Anchor“, come si capisce leggendo semplicemente qualche parte del testo, come il seguente ritornello:
Fuck! You! You’re a fucking wanker
We’re going to punch you right in the balls
Fuck! You! With a fucking anchor
You’re all cunts so fuck you all
Nella seconda metà dell’album son racchiuse tracce che continuano sulla stessa strada delle precedenti, e pur essendo un passo indietro rispetto ad esse, non fanno venire la tentazione di stoppare la riproduzione del disco fino all’ultima nota.
Tra esse, si merita la menzione “Treasure Island“, epilogo degno del tutto, pezzo più lungo del lotto che in otto minuti riassume perfettamente la proposta musicale degli Alestorm.
“No Grave But The Sea” rispecchia quindi le pretese che si potevano avere a riguardo e si fa apprezzare in tutta la sua durata, meritando quindi, una valutazione più che sufficiente.