Correva l’anno 2010 quando nacquero gli Ad Vitam, un gruppo di ragazzi sardi che ha visto la sua line-up definitiva solo nel 2013, un anno prima di produrre l’EP Edge Of Memory e il singolo Groan Of Life.
Durante questi anni di attività la band è riuscita a condividere il palco con gruppi molto importanti per la scena italiana come i Fleshgod Apocalypse, i Destrage o i Forgotten Tomb, fino ad arrivare nel 2016 a produrre un nuovo album intitolato Stratosfear.
Si tratta di un concept album elaborato intorno ad un idea che vede come protagoniste l’atmosfera e la paura umana, al fine di metaforizzarle l’una all’altra; in questo modo ci vengono esposti i vari strati di cui sono composte, analizzandole partendo dall’esterno e arrivando ai punti più interni e intimi. Abbiamo dunque tre brevi tracce di transizione che dividono l’album: Exosfear, Chronosfear e Mesosfear. Mi aspettavo, sinceramente, che ci fosse una sorta di sviluppo più marcato per quando riguarda le melodie e la ritmica, un crescendo che ci facesse avvicinare al punto culmine dell’album. Nonstante non sia stato così e benchè sia ben riconoscibile l’influenza di alcuni gruppi quali Opeth o Novembre, è sicuramente apprezzabile lo studio che è stato fatto sul concept così come il sound pulito con cui il disco è stato realizzato.
Trovo che molti pezzi siano degni di nota soprattuto per quanto riguarda le linee di basso, sempre presenti in modo importante ma non invadenti, avvolgente ma non stancante; come in Under A Cypress Root, decisamente la mia preferita dell’album. Essendo poi le tastiere inserite molto bene tra gli altri strumenti, evitando di ostacolare o essere ostacolate, trovo che il massiccio utilizzo di esse sia veramente un tocco fondamentale alla completezza dell’album. Le ho apprezzate particolarmente in Six Feet Under My Sin e There Was Blood Everywhere, poichè danno un senso di viaggio attraverso l’atmosfera molto intrigante.
Comunque leggendo il titolo e l’idea dal quale è stato sviluppato l’album mi aspettavo qualcosa di molto diverso, di più ambient e interpretativo. Invece mi sono trovata ad ascoltare un album death metal sinfonico, che è riuscito comunque a trasmettermi quello che era effettivamente l’obiettivo del concept; anche se come ho detto prima avrei preferito anche un avvicinamento alle nostre paure più recondite grazie all’utilizzo delle melodie.
In ogni caso vorrei fare i complimenti ad ogni singolo membro di questa band che svolge il proprio ruolo egregiamente; e credo che chi li abbia chiamati a fare da spalla a gruppi di grandi dimensioni se ne sia accorto, proprio come ho fatto io.
Se volete dare un ascolto e dirci se siete d’accordo con noi, ecco la pagina facebook e il sito internet degli Ad Vitam.