Giunge al terzo capitolo la carriera degli A Pale Horse Named Death, formazione capitanata da Sal Abruscato, ex batterista e membro fondatore dei Type O Negative che per l’occasione vede anche il debutto nella lineup del chitarrista Joe Taylor e di Johnny Kelly, già conosciuto per esser stato il successore di Abruscato nella celebre formazione di Peter Steele. “When the World Becomes Undone” vede la luce dopo due lavori interessanti, ed è chiamato quindi a confermare quanto di buono già presentato, dimostrando l’effetto dell’esperienza acquisita. Inoltre, il lavoro si presenta anche come il più ambizioso del gruppo vista la durata che supera l’ora e attira molta attenzione anche per i sei anni che sono passati da “Lay My Soul to Waste”, suo predecessore.
La produzione si dimostra fin da subito molto varia, concentrandosi principalmente su un Doom Metal graffiante e d’effetto, ma accogliendo diverse influenze, dall’Heavy Metal classico al Gothic, risultando costantemente ispirato. Le idee che si possono ascoltare sono generalmente valide, pur non convincendo sempre al cento per cento, e ci mostrano una formazione in forma ma ancora stabile su livelli già raggiunti, incapace di ottenere un miglioramento. La title-track apre le danze con il piede giusto, mettendo subito in mostra un buon bilanciamento tra melodia e irruenza, ma il problema principale dell’album si può sentire più avanti, nella sua seconda metà, in quanto il livello man mano cala e certe composizioni non riescono a lasciare un’impressione particolarmente positiva.
Andando con ordine, dopo una partenza di tutto rispetto anche le seguenti canzoni, scorrevoli ed energiche, mantengono un livello soddisfacente, senza presentare eccessive somiglianze tra di loro. Fino a “Vultures” il giudizio è buono, ma il primo brano a convincere di meno è il seguente “End of Days“, incapace catturare l’attenzione, segnando l’inizio di una progressiva discesa. Gli ultimi pezzi si fanno comunque apprezzare e non si possono definire carenti di idee interessanti, però non sfruttano al meglio il potenziale proprio degli americani e rimandano il salto di qualità a una prossima prova in studio. Esempi pratici di questa occasione persa si possono trovare in “Lay with the Wicked” e “Splinters“, incapaci di lasciare il segno, e il lavoro termina portando con sé sensazioni contrastanti.
“When the World Becomes Undone” è un disco discreto con i suoi pregi e i suoi difetti che mostra come Abruscato e soci abbiano ancora bisogno di maturare; ora come ora sono una formazione qualsiasi, e ormai ci si aspetta di più da loro. In ogni caso, il terzo album degli A Pale Horse Named Death non è da buttare e merita comunque di essere ascoltato dagli appassionati del genere, peccato però che abbia deluso lievemente le aspettative, dimostrandosi incostante.