L’EP “Betrayed From Birth” ci aveva presentato i Lambs convincendoci sul potenziale a loro disposizione, un ascolto breve ma intenso che segue con la sua violenza la strada di gruppi quali The Secret e Ancst, per citarne un paio. Dopo un’interessante split con i tedeschi III Neglect, la formazione da Cesena è giunta al tanto atteso album di debutto, dal titolo “Malice” ed edito da Argonauta Records. Questo lavoro ci offre un’ottima conferma, con il quartetto che si muove con agilità tra i vari brani, dimostrando anche una buona mediazione delle influenze. È quindi percepibile la maggiore consapevolezza che permea dietro la musica, che già nel primo lavoro aveva iniziato a farsi notare, e ora con l’evoluzione del sound di cui parleremo non ha fatto nient’altro che svilupparsi ulteriormente
Laddove nel primo EP citato la proposta del gruppo era prevalentemente devota all’aggressività, qui si può percepire chiaramente un cambiamento, si sente molto più vigorosamente un’atmosfera tenebrosa, che non relega la componente rabbiosa a un elemento secondario, ma che allo stesso tempo è tra le colonne portanti di questo disco. L’aspetto è già percepibile dall’opener “Debug”, che con il suo crescendo cattura immediatamente l’attenzione dell’ascoltatore. Crescendo che si lega alla perfezione con la successiva “Arpia”, e viene così mostrato come fin dalla doppietta iniziale il livello di questo ascolto sia degno di nota.
Una caratteristica del lavoro è la sua durata contenuta, di poco superiore alla mezz’ora, che viene gestita senza cali d’intensità, con un’atmosfera varia che non cala mai di livello. In questo modo i cinque brani scorrono facilmente, e anche dopo diversi ascolti continuano a convincere, evitando di finire nel dimenticatoio.
In chiusura troviamo due tracce interessanti quali “Perfidia” e “Misfortune”. La primo è contraddistinta dal cantato in italiano, che si unisce a una strumentale che varia tra attimi più cadenzati e tendenti al post-metal e altri più diretti. La seconda canzone prosegue sulla stessa strada: intro flemmatica che lascia spazio a dei riff più aggressivi, interrotti da un mortifero breakdown e da un riff semplice e distruttivo che evolvendosi, insieme al cantato, diventa sempre più straziante, andando a concludere l’album.
Il maggior pregio di questo lavoro è aver mantenuto l’efficacia del primo EP pur reinterpretando la proposta, mettendo in mostra in questo modo un’autorevole maturità. Ormai è chiaro come questi ragazzi abbiano tutti i presupposti per fare strada, e una realtà con questo potenziale in Italia non può che essere un piacere. Ascolto consigliato a tutti gli amanti dello sludge e affini.