Manam, band tutta italiana formata a fine 2017 dal mastermind Marco Salvador (voce e chitarra) il quale ha composto tutti i pezzi e si è occupato della registrazione in pre-produzione. Il gruppo si presenta con il loro primo full length “Rebirth of Consciousness” sotto l’etichetta Rockshots Records: un concept album che usa come tematica principale l’origine dell’umanità. Per raccontare questa storia la band fa uso di un melodic death metal la cui principale ispirazione (almeno per Marco) viene da nomi importanti come Opeth, Trivium e Wintersun.
La struttura del suono e dei riff della band veneta si rifà alla scuola melodic death metal svedese, ricordando At The Gates, Dark Tranquillity, In Flames ed unendo al tutto una vena Power Metal in alcune canzoni e una Progressive in altre.
L’album si apre, dopo una breve intro, con un brano di per sé interessante, “Supernova“, che mette subito le carte in tavola permettendoci di capire già quasi interamente con cosa abbiamo a che fare, sia nel bene che nel male. Strumentalmente l’album è costruito bene: riff cattivi che vanno a costruire una base di partenza incandescente, pronta ad esplodere da un momento all’altro grazie ai growl rabbiosi e taglienti di Marco che però vanno subito a scontrarsi con il ritornello di stampo Power Metal, smorzando un po’ l’entusiasmo iniziale. Uno dei punti più deboli dell’intera opera infatti è infatti la voce in pulito, che per quanto non stoni con il resto della produzione ha sicuramente meno intensità dei sopracitati growl, nonostante non risulti in alcun modo sgradevole. Altre tracce degne di citazione sono “Atman Denied” e “Sahara“, le quali incorporano suoni più Progressive dando un po’ di freschezza e di varietà al disco; in particolare con “Sahara” ho amato le vibrazioni opethiane che fuoriescono da ogni nota, fantastico infine il solo di chitarra finale. Tanta carne sul fuoco quindi per questa prima fatica dei Manam, che riesce a funzionare (a tratti) e a regalare momenti interessanti, per quanto nel complesso l’opera risulti abbastanza lineare e piatta come con la traccia “Revelation“: ingombrante e lenta.
Non ci sono veri e propri errori nella struttura sonora dell’intero disco e lo svolgimento scorre senza fastidiosi ostacoli; non riesce però a coinvolgere l’ascoltatore appieno né a convincerlo: l’attenzione si perde facilmente dopo poco. Un punto a favore è la produzione, decisamente buona: il basso di Marco Montipò riecheggia bene, mentre la batteria di Nicola De Cesero batte che è un piacere, ogni strumento ha il suo spazio e dona un suono profondo e moderno all’album.
“Rebirth of Consciousness” è un dunque buon disco che tutto sommato si fa ascoltare, se non fosse per alcuni brani abbastanza superflui, senza i quali forse vivrebbe di una luce diversa. I Manam tecnicamente sanno il fatto loro: la sensazione è quella di un lavoro costruito sì nei minimi dettagli, ma che d’altro canto presenta poca naturalezza e non riesce a sorprendere, rimanendo comunque un album di debutto solido. Una band da tenere sott’occhio quindi, che con un po’ di esperienza sarà sicuramente in grado di proporci molto più di quanto sentito finora.