Nel marasma di uscite blues/rock/quelchevipare cariche di nostalgia settantiana che sta invadendo il mercato ultimamente, i giovani Black Mirrors arrivano in questo 2018 al debutto vero e proprio, dopo l’EP “Funky Queen” dell’anno scorso. Sempre sotto l’ala dell’austriaca Napalm Records, “Look into the Black Mirror” è un lavoro valido che vede come fiore all’occhiello la voce graffiante e versatile di Marcella Di Troia, nome che non lascia dubbi sulle sue origini nostrane: quaranta minuti e spiccioli di garage rock ora ruvido e scanzonato (ma sempre un po’ tirato a lucido), ora più mellifluo e tendente alla malinconia.
I ritornelli estremamente catchy di brani come “Shoes for Booze” e “Fairy Queen” sono carichi il giusto e si dimostrano perfetti per la dimensione live, qualcosa che comunque tende ad essere presente lungo tutto il lavoro; altri brani si rivelano invece più sottomessi, con uno stile vocale della Di Troia più vicino al crooning che si adatta bene alle composizioni che mollano l’acceleratore per qualche minuto, come ad esempio nella bella “Moonstone“.
A conti fatti, ci si muove in un territorio compreso tra queste due coordinate a cavallo di onde sonore vintage sulla scia di artisti contemporanei come Graveyard e Blues Pills, ma con un piglio un po’ più stradaiolo e strutture che strizzano l’occhio all’indie/alternative moderno, come in “Günther Kimmich“, dal sentore simil-Queens of the Stone Age. Lo scettro di brano migliore dell’album, a parere di chi scrive, va però al brano meno scatenato del lotto: “Till the Land Wind Blows“, che ci riporta indietro di parecchi anni con un blues sentito, echi spiritual e i fantasmi di vecchi bluesmen aleggiare di tanto in tanto.
In definitiva, un buon debutto sulla lunga distanza per il quartetto belga con una prova vocale sugli scudi. Pur non inventando nulla di nuovo, i ragazzi hanno dimostrato di saperci fare su più fronti, confezionando un lavoro solido senza scadere nella banalità e nella monotonia, trappole che in una proposta dal dichiarato sapore vintage sono sempre dietro l’angolo.