Molto interessante la proposta degli Haunted, i quali vanno a seguire le orme di realtà come Witch Mountain, Windhand e i connazionali Messa, unendo la profondità del Doom Metal alla delicatezza della voce femminile.
I Nostri, originari di Catania, hanno debuttato con l’omonimo album due anni fa, convincendo fin da subito con le loro capacità e mostrando quanto il loro stile sia intenso, a tal punto da perdersi dentro di esso durante l’ascolto. Come conseguenza, è naturale l’interesse che ha attirato su di sé il suo seguito, “Dayburner“, il quale vede anche il tocco del produttore Brad Broadright (leader dei From Ashes Rise e produttore per gruppi come Sleep, Bell Witch, Yob e molti altri).
Altro punto interessante per studiare la maturazione del quintetto è il passaggio dai quaranta minuti di durata del debutto, all’ora abbondante di questo lavoro, il che fa notare come i siculi puntino in alto fin da subito.
“Grief crosses my mind
As old hag rides my chest
Force holding me down
And stifling my breath”
Queste le prime parole cantate da Cristina Chimirri nella traccia d’apertura, “Mourning Sun“, in grado di farci immedesimare fin da subito in quello che è il concept dei testi e dell’album intero, il quale si può descrivere come una riflessione sul dominio dell’oscurità sulla nostra vita odierna rispetto a una luce debole, che talvolta si distingue e si fa riconoscere, ma rimane sottomessa alle tenebre per la maggior parte del tempo.
Merita una menzione anche la copertina, opera della fotografa irlandese Debora Sheedy, capace di collegarsi alle tematiche appena citate.
Musicalmente parlando la proposta dei Nostri è lenta ma travolgente allo stesso tempo, e soprattutto intrigante nel suo mistero. Le influenze dai capisaldi del genere sono chiare, ma non si arriva mai a vedere ciò che si sta ascoltando come una brutta copia di altri artisti, bensì viene mostrata una maturità che si potrebbe collegare ai vari impegni dei membri del gruppo in altri progetti.
In “Waterdawn” si sentono i molti spunti Stoner, sottogenere che ha sempre reso al meglio in simbiosi col Doom, come viene dimostrato in questo caso e in altri frangenti.
L’alto livello proposto dagli Haunted continua anche nella coppia formata da “Orphic” e “Vespertine“, i brani più lunghi del lotto. Il secondo dei due pezzi appena citati è sicuramente tra i migliori della produzione, con il suo inizio che avanza progressivamente dal clean al distorto, per poi adagiarsi su atmosfere riflessive, dove spiccano il cantato malinconico e il lavoro delle due chitarre, mai banale.
In chiusura troviamo “Lunar Grave“, canzone molto melodica e riflessiva, ottimo epilogo del disco che avvolge una volta per tutte nell’oscurità, impedendo ogni possibilità di scappare da essa.
Le ambizioni su “Dayburner” erano sicuramente alte, ma sono state rispettate a pieni meriti, affrontando al meglio la lunga durata e il concept difficile da affrontare, per quanto esso non sia rivoluzionario.
Quello in questione è un disco da ascoltare senza alcuna pausa, che cattura nelle sue atmosfere e melodie e che si farà sicuramente apprezzare dagli amanti del Doom più classico e da coloro interessati dall’inserimento di una voce femminile in un contesto Metal.