Come in uno scenario da fine Ottocento, con i nostri Butteri a sfidare i leggendari Cowboy, gli Hell Obelisco tengono alto lo stendardo italiano e sfornano un “Swamp Wizard Rises” che profuma di torbida palude, e non ha niente da invidiare ad alcune band d’oltreoceano.
Le idee concrete e ben definite, fortemente ispirate e ben supportate dal quartetto bolognese, in combinazione con il lavoro di Para e Paso (rispettivamente Boat Studios e Studio 73), danno vita ad un album solido e potente. Ho volutamente citato le due menti dietro il sound di questo lavoro, in quanto l’impatto sonoro è parte integrante ed importantissima della resa della band. Il suono fitto e denso ben si sposa con il genere e ancora meglio si sposa con le tematiche del disco, la sensazione di essere sprofondati con le ginocchia in una fetida palude è quasi istantanea, e in un certo senso mette fin da subito dei paletti ben definiti su ciò che la band offre: nel bene e nel male.
Il target è ben evidente fin dal principio: riff giganteschi e bordate feroci non lasciano dubbi riguardo la grinta espressa dagli Hell Obelisco, che mettendo da parte virtuosismi e innovazione, vanno dritti al punto… e lo fanno a pezzi. L’unica critica che mi sento di fare riguarda la longevità, la grande spinta e aggressività sviluppata fin dal principio trascina e alimenta l’interesse fino “Biting Killing Machine“, brano dopo il quale l’album si ripete un po’ e torna a scalciare molto forte solo con “Black Desert Doom“, traccia che chiude questo “Swamp Wizard Rises”.
Direzione, sound, formato e attitudine non hanno niente da invidiare alle band americane che hanno fatto del “marcio” il loro marchio di fabbrica, e questo lavoro degli Hell Obelisco mi sento di consigliarlo a tutti gli amanti dello Sludge di palude un po’ ignorantello e feroce. Bene, è giunta l’ora di levare il caimano dal BBQ, aprire un paio di birre e festeggiare il transito di questo album pachidermico sulle nostre pagine!