“Spinning“ è l’album di debutto del trio americano High Priests. Propongono uno stoner metal con influenze grunge e garage rock, con un piglio progressive e allo stesso tempo “sporco” nel modo di comporre e nel sound.
Il disco non dura molto, consta di undici canzoni per circa mezz’ora di ascolto. Veloce, ma è difficile arrivare in fondo. Il primo pezzo, “Control“, ci introduce alle atmosfere grigie e cupe dell’album, i suoni di chitarra e basso sono molto sporchi, la voce di Mikey sembra un misto di urli e discorsi parlati, una sorta di Kurt Cobain esasperato. Si denotano subito i connotati progressive di cui parlavo: le battute non sono quasi mai regolari, dando così movimento ad un pezzo che scritto in altro modo sarebbe stato abbastanza noioso e ripetitivo. “Sell Your Clothes“, al contrario, è più un’esplorazione del mondo punk-hardcore, un bel viaggio negli anni ’90. Andando avanti nel disco si arriva a “Talking To A Cop“, in cui il modo di comporre si concentra sull’alternative metal. La traccia più interessante del lotto è la stessa titletrack, “Spinning“: ha un carattere sperimentale pur utilizzando soluzioni già sentite nel mondo dello stoner, ovvero basso e batteria mantengono il groove mentre il chitarrista/vocalist Mikey suona accordi dissonanti e linee soliste a metà strada tra il melodico ed il noise. È la canzone più lunga, la meno ricca a livello di riffing e di idee, ma proprio perché non ha pretese l’ho trovata più appetibile rispetto a tante altre.
Fossero usciti negli anni ’90 o agli inizi del 2000, gli High Priests avrebbero fatto molto più successo di quanto ne faranno oggi con Spinning. Le idee ci sono, molto buone anche, ma forse più adatte ad un disco interamente alternative metal. Questi ragazzi hanno la grinta giusta per fare musica di ottima qualità, ma dovrebbero creare un prodotto meno variegato, più consistente, con una produzione moderna che renda loro giustizia.