Primissimo album in studio per i finlandesi Wyrmwoods, atmospheric black metal band che con questo “Earth Made Flesh” non ha assolutamente intenzione di rientrare nei canoni classici di un genere solo.
One-man-band project capitanato dal poliedrico Nuurag-Vaarn, Wyrmwoods è qualcosa di non ben definito tra ciò che si potrebbe indicare con “new wave of post melodic black metal” e l’ambient/new wave scarno e sintetico. Potenzialmente ci ritroviamo davanti ad un intero universo ricco di spazi e di terre da esplorare, ma nel caso dei Wyrmwoods, purtroppo, ciò che possiamo osservare è un unico minestrone di generi e influenze.
Partiamo subito col dire che chi vi scrive apprezza tutto ciò che è riconducibile al “nuovo black metal”, dai Deafheaven ai Liturgy, per citarne solo un paio. Quel black metal bipolare che alterna momenti di feroce aggressività a momenti di profonda melodia così contestato dalle vecchie frange black InnerCircleiane, per intenderci. Ebbene, nonostante le più alte e rosee aspettative, questo “Earth Made Flesh” non coglie affatto nel segno. Emergono poche idee e confuse, ee un album diviso esattamente a metà tra le prime tre tracce, caotiche e soffocanti, e le successive tre, un maldestro tentativo di odorare di atmosfera e fronzoli jazz (ma perchè??). Proprio non ci siamo. Songwriting al limite del sopportabile, un po’ per la durata dei brani stessi, un p’ per la produzione, eccessivamente sbrodolante e confusionaria. Chitarre nell’oltretomba assieme alla voce, suoni al limite del grottesco e poco, poco curati.
Sei pezzi per un totale di quasi un’ora di musica beh, sono forse troppi (se non sei i Godspeed You! Black Emperor, ecco…), e non è tutto da buttare, intendiamoci: quello che conta, a parere di chi vi scrive, è trovare una linea e perseguirla, senza lasciare tutto al caso o all’etichetta del “metallaro alternativo”. Non sarebbe nemmeno così male persino l’artwork, un po0 sacro e un pò profano (i Batushka vi dicono nulla?), ma per il resto, ahinoi, poco si salva.
Un debutto sulle scene poco incisivo, purtroppo, che non invita al riascolto né alle lodi. Confidiamo nella prossima uscita? Certamente! L’importante è esser un po’ più ordinati nell’organizzazione delle idee. Peccato, una ghiotta occasione è stata amaramente sprecata.