Il disco che vado a presentarvi esula abbastanza da quelli che sono stati i miei ascolti più recenti (principalmente death/deathcore): “Repressed“, debutto degli Asylum 8, ha infatti come colonna portante l’EDM, per i profani “electronic dance music”.
“Disarray“, il primo brano, inizia con un fade in di sintetizzatori molestissimi e cassa in quattro quarti: è subito discoteca. Qualche secondo dopo arriva lo schiaffone metallaro con i suoi chitarroni e i riff spaccaossa, il growl del cantate è quello di scuola Amon Amarth e in discoteca parte l’headbanging. I ritornelli con la voce pulita smorzano di poco il pathos, ma non importa, perchè il sound degli Asylum 8 è veramente figo. Il tastierista Sami Partanen sa quello che fa e le sue parti soliste si sposano alla perfezione con il resto della band.
Quello che salta all’orecchio proseguendo l’ascolto, soprattutto su “Thanatophobia“, è che questi sei ragazzi hanno ascoltato tanta musica, tanto metal, e hanno riversato la loro conoscenza negli otto brani che compongono l’album: sento riferimenti al death metal di stampo svedese (“Deliverance“), ma sono tanti anche i richiami al black metal, e ovviamente all’industrial classico in pieno stile Rammstein. Ci si abituerà anche agli intermezzi con la voce pulita, ad ogni nuovo pezzo acquistano un ruolo importante nell’arrangiamento. Non c’è spazio per le ballad (per fortuna) e il disco mantiene un livello molto alto di dinamica per tutto il disco fino a “True Survivor“, pezzo più lento cantato in finlandese. Oserei chiamarlo “dance industrial metal”, una sorta di The Rasmus ma sotto steroidi.
Concludendo: per essere la prima vera uscita sulla scena internazionale, gli Asylum 8 hanno tirato fuori un album davvero valido, che si incastra in un panorama stilistico quasi saturo ma che sgomita fuori per originalità. Di sicuro in futuro sapranno farsi notare, terrò d’occhio questi ragazzi per nuovi sviluppi.