Quante volte, negli ultimi mesi o anni, si è sentito dire che il Thrash Metal ha finito le carte da giocare, che non è più di buon livello e che non ci si può fare niente a riguardo? Impossibile negare la parziale verità di queste affermazioni, che però non devono far pensare alla definitiva fine del genere, bensì al suo lento sviluppo, che ha portato diverse formazioni a concentrarsi sull’innovazione, e alla conseguente ricerca di sonorità inedite.
Così sono nate unioni tra il Thrash e altri generi, tra le quali quella che si avvicina più al Progressive si sta facendo notare non poco negli ultimi anni, con gruppi come i Vektor a ottenere buon successo, supportati da svariate band meno conosciute ma a loro modo valide, come Teleport, Black Fast e Vexovoid, dei quali parleremo oggi. Difatti, i toscani hanno da poco pubblicato il loro primo album, “Call of the Starforger“, il quale ha il compito di confermare le buone aspettative suscitate dall’EP “Heralds of The Star” (2014).
Un imponente artwork ci presenta il disco ancor prima di ascoltarne la prima nota, introducendo i temi che verranno trattati nelle nove tracce presenti, che vanno a toccare fantascienza, universo, alieni, spazio e tutto ciò che riguarda il mondo extraterrestre.
Si parte alla grande con l’accoppiata formata da “Omega Virus” e “Infinite Collector“; con la prima capace di mettere fin da subito in chiaro il loro marchio di fabbrica, che tramite un Thrash Metal veloce, vario e senza attimi di pausa fa viaggiare in atmosfere sovrumane; la seconda va invece a evidenziare le capacità di songwriting dei Nostri, in grado di ideare e creare melodie originali e mai scontate, grazie anche a un buon bagaglio tecnico e alla saggia unione di diversi elementi di vari generi. Notevoli le influenze Progressive della lunga “Galaxy’s Echoes“, brano ben articolato tra riff imponenti e parti in pulito. Infine, in chiusura troviamo “The Starforger“, capace di riassumere al meglio lo stile dei Vexovoid, iniziando in modo veloce, con parti strumentali sempre originali, per poi spostarsi verso un lungo intermezzo che finirà per chiudere il pezzo, nel quale si fa notare anche un interessante assolo di basso.
“Call of the Starforger” è un ottimo debutto per i toscani, che con questo album ci danno un biglietto di sola andata alla scoperta dell’universo e si confermano una realtà da tenere d’occhio nella scena italiana.