I Blut sono una band lombarda fondata dal cantante Alessandro Schümperlin, che ha esordito nel 2015 con il singolo “Forget Paris”. Da allora hanno pubblicato un album full length, la parte I, prima di pubblicare questo secondo capitolo lo scorso maggio. È un album piuttosto completo, tra pezzi lenti ed altri veloci, potenti in perfetto stile industrial e ballate con tanto di fisarmonica; insomma, le influenze sono molteplici, dai generi più disparati e da ubicazioni diverse, dalla Germania all’Oriente. Il tutto registrato in modo pulito, in alcuni punti volutamente sporco, e mixato molto bene. In teoria ci sarebero undici canzoni, ma in realtà “Jerusalem Calls Me“ è stata registrata due volte, nella versione “normale” ed estesa. Il tutto dura 50:07 minuti.
- Sigmund Freud Ist Mein Nachba: sesta canzone. Pezzo particolare, in 3/4 come un valzer e cantato in tedesco, ma che non ha molto a che spartire con i Rammstein. Particolare soprattutto per la presenza di pianoforte, violini (tastiere), cori e fisarmonica, e per l’intermezzo un tantino disturbante.
- Wind Ego: settimo pezzo dell’album. Un pezzo veloce e energico, tra heavy, thrash e synphonic metal. Inconfondibile, come quasi tutte le altre; una peculiarità non molto comune.
- Ekbom: decima canzone. Un pezzo inconfondibilmente industrial, ben strutturato tra riff pesanti e ritornello leggero con voce femminile. Uno dei pezzi migliori e più grintosi dell’album.
Si sarebbe potuto fare una recensione track by track perché ogni pezzo è un mondo a sè, una sfaccettatura diversa, ma sarebbe stata lunga e tediosa da leggere. Rispetto alla prima parte questa è un po’ più pesante e truce, soprattutto verso l’inizio, facendo prevalere la componente industrial e affinando i suoni, riducendo la componente alternative. I Blut lo avevano fatto intuire con “Jerusalem Calls Me“, pubblicato come singolo in anticipo di qualche mese rispetto all’album.