Seconda data italiana del Sonic Unrest Tour II, di supporto a “Periphery 3“, nuovo disco della band djent americana PERIPHERY che porta in tour i connazionali THE CONTORSIONIST e gli italianissimi DESTRAGE.
Sotto la pioggia battente, alle 19.30 i cancelli della venue si aprono, mi tessero come socio Arci e finalmente entro all’asciutto. Il Zona Roveri è un capannone situato nella zona industriale bolognese, spazioso, accogliente e molto capiente. Noto che siamo in tanti, pronti per goderci lo spettacolo che ci aspetta.
Alle 20.30 puntuali attaccano i DESTRAGE, che per coprire il poco tempo a loro disposizione ci deliziano con le hit di punta tratte dal loro ultimo disco, “A Means To No End“, e da “Are You Kidding Me? No“. Ogni volta che li vedo non smettono mai di stupirmi per come, nonostante la complessità dei loro brani, riescano a regalare uno show impeccabile. La band si diverte sul palco e tra le prime file si genera un moshpit di tutto rispetto. Alla fine del set l’aria all’interno del Zona Roveri è già caldissima.
Prendiamo fiato con i THE CONTORSIONIST. Sui loro brani è difficile moshare, e la band comunque è un po’ troppo concentrata sul suonare e basta più che sul cercare un contatto con i loro fan. Noto infatti che dopo la prima mezz’ora di set sono in pochi a prestare attenzione allo show e a lasciarsi prendere dalle atmosfere ambient: c’è una grande feddezza generale e vedo alcuni spettatori controllare le notifiche del cellulare per far passare il tempo. Personalmente parlando, conoscevo molto poco questo gruppo che, dopo stasera, non mi ha lasciato con la voglia di ascoltare meglio i relativi dischi.
Il palco viene ripulito dai tecnici, le luci posizionate, le chitarre accordate… Mark, Spencer e Matt escono dalle quinte, e attaccano con “Reprise” tratta da “Juggernaut: Omega” dando così inizio al set dei PERIPHERY. Ci regalano una setlist da paura con brani tratti da “Juggernaut” e “Periphery 3“, mantenendo sempre un livello altissimo di energia sia sul palco (il chitarrista Mark non perdeva l’occasione per cercare il contatto col pubblico, mentre Spencer, nonostante la recente malattia, ha conservato tutta la potenza della sua voce), sia tra i fan dove il moshpit era costante e violento, e quasi si sentivano più i cori che la voce del cantante. Resta un po’ nell’ombra quella che è l’anima della band, il chitarrista Misha, che per tutto il set è rimasto nella sua “fetta” di palco, giocando poco con gli altri membri e con i fan. Migliore in campo Matteo Di Gioia (chitarrista dei DESTRAGE) che fa stage diving alla fine di “Marigold“, seguito a ruota da Robby Baca ed Eric Guenther (chitarrista e tastierista dei THE CONTORSIONIST).
Insomma, nonostante la mancanza del bassista Nolly, torno a casa stanco, sudato, bagnato dalla pioggia e con la conferma che i PERIPHERY sono una delle realtà più importanti del panorama metal mondiale. Consiglio a tutti quelli che ne hanno occasione di ascoltare un loro disco o vedere un loro concerto: non ve ne pentirete.