Parte a Parma il Maximum Evocation Tour che vede coinvolti AMARANTHE ed ELUVEITIE nella promozione dei loro ultimi lavori, rispettivamente “Maximalism” e “Evocation II: Pantheon“. A supportarli sono i THE CHARM THE FURY, band olandese che proprio quest’anno ha pubblicato il suo secondo lavoro, “The Sick, Dumb & Happy” per Arising Empire (Nuclear Blast). L’evento rappresenta di per sé l’ennesimo colpo grosso per il Campus Industry, una piccola realtà che da qualche anno sta conoscendo una crescita inarrestabile sul versante dell’internazionalità. Un pregio, questo, che si combina con la capacità di far penetrare le sonorità del Metal in una provincia certamente più famosa per le discoteche e la musica leggera.
Il tempo di mangiare una piadina farcita di tutto punto con il re dei salumi, l’intramontabile Prosciutto Crudo di Parma, e alle 19.30 riusciamo a trovare posto su un piccolo soppalco montato in fondo alla sala. Il locale conta un buon numero di partecipanti, sebbene non raggiunga la saturazione a cui abbiamo assistito durante il concerto dei Lacuna Coil. Sullo sfondo sono già state installate le scenografie di “Maximalism”, ma i primi a partire sono gli special guests, i THE CHARM THE FURY. Ammetto di non aver mai sentito questi ragazzi di Amsterdam, ma l’impressione è buona sin da subito. Le loro chitarre alzano un muro sonoro sul quale si destreggia una carichissima Caroline Westendorp. La loro proposta si orienta su un Groove Metal con influenze Nu e Metalcore. Il cantanto passa dal growl al pulito con agilità, riportando di tanto in tanto alla mente gradevoli echi che sanno di Pantera. Basti ascoltare “Down On The Ropes“, per intenderci, con i suoi riff arroganti e una voce aggressiva che incendia la folla. Il carisma è certamente un punto di pregio di Caroline, la quale riesce in più di un’occasione a coinvolgere il pubblico parmigiano. In generale, un’ottima prova su tutti i fronti.
Breve pausa, e poi è il momento di uno dei gruppi più controversi degli ultimi anni: gli AMARANTHE. Etichettateli come volete, Melodic Metalcore, Pop Metal, Dance Metal, un miscuglio di influenze che ha portato i più puritani del genere a strapparsi i capelli, ma sono proprio loro ad attirare il maggior pubblico sotto lo stage del Campus Industry. I Nostri partono subito in quarta con “Maximize“, sebbene pare esserci qualche problemino con gli auricolari che porta a una sincronia non sempre perfetta del cantato con le basi. Anche l’intonazione di Elize e Nils Molin, soprattutto quando i due devono armonizzare, pecca di precisione, mentre il possente Henrik è un autentico tritasassi la cui performance live è identica a quella in studio. Il supergruppo svedese propone una carrellata dei propri pezzi più famosi e coinvolgenti, non disdegnando un paio di momenti per le power ballad come “Amaranthine“. Col procedere dello show i problemi tecnici sembrano risolversi e Elize può sfoderare tutta la sua abilità, raggiungendo anch’essa i livelli delle registrazioni studio. Sento invece per la prima volta Nils, la voce maschile pulita entrata per sostituire Jake E, e devo ammettere che l’orecchio, così abituato al vocalist precedente, non trae una completa soddisfazione nonostante la buona performance. Persistono imprecisioni nei duetti. Sul versante chitarristico, il platinatissimo Olof scivola sulle sei corde che è un piacere e delizia l’udito con il suo sound ultramoderno. Appurati alcuni momenti d’incertezza, lo show in generale mostra più luci che ombre e conferma ancora una volta un assunto inconfutabile: gli AMARANTHE sono un dannato spasso! Quello a cui Parma si è trovata di fronte è stato un concentrato di energia diretta, leggera, a tratti dura, ma sempre e comunque esaltante. Li lascio con la curiosità di ascoltarli di nuovo in una cornice più ampia.
Infine, ecco giungere il momento degli ELUVEITIE. Ormai forti di una line-up stabile dopo le difficoltà del 2016, il gruppo elvetico torna in grande stile con un album ben realizzato e la voce cristallina di Fabienne Erni. Inutile dire che è lei uno dei maggiori elementi di interesse, e c’è solo una parola per descrivere la sua prestazione: eccellente. La sua ugola d’oro risulta più delicata in confronto a quella della Murphy – il paragone è facile da porre ne “Il Richiamo dei Monti” – senza tuttavia cedere nulla in fatto di versatilità e potenza. Sentire dal vivo “Artio“, un brano che già risaltava all’interno di “Evocation II”, è stata un’esperienza a dir poco sublime, da pelle d’oca, che conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, la qualità della scelta di Chrigel e soci. Il comparto ritmico si dimostra anche in questo caso una macchina collaudata e versatile, in grado di produrre terremoti quando la vena Death prende il sopravvento, ma anche di evocare atmosfere mistiche quando è l’acustico il protagonista indiscusso. Gli ELUVEITIE sono portatori di una grande bellezza nei loro arrangiamenti folk, portatori di storia, e stupiscono ogni volta che si esibiscono per la capacità di integrare le varie influenze in un prodotto organico ed emozionante. In questo, io credo, hanno pochi rivali sulla scena. A onor di cronaca va riscontrato che, in questa occasione, la band ha risentito di un mixaggio e un’acustica che non hanno permesso di mettere in giusto risalto le parti strumentali. Flauti, violino, piva, ghironde e arpa sono stati spesso sovrastati da batterie e chitarre, al punto di scomparire del tutto in certi casi. Come per gli AMARANTHE, il problema si attenua col procedere dello spettacolo, ma ancora si fa sentire nella conclusiva “Inis Mona“.
Nel complesso, possiamo comunque dire che la serata è stata un buon successo sia per gli artisti in scena che per il pubblico. Buono anche il livello organizzativo, del quale si loda l’ordine con cui sono stati gestiti l’accesso, il cambio palco e la ristorazione. Come si diceva all’inizio, un colpo grosso per il Campus Industry, a cui auguriamo tanta tanta fortuna.